Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27215 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 27215 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato in Germania il 02/02/1992 NOME COGNOME nata in Romania il 30/12/1992
avverso la sentenza del 15/04/2025 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 15/04/2025, il Tribunale di Roma ha applicato, su richiesta del difensore, munito di procura speciale, e con il consenso del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a NOME COGNOME e a NOME COGNOME la pena di due anni di reclusione ed C 400,00 di multa per il reato di rapina ai danni di NOME COGNOME.
Avverso l’indicata sentenza 15/04/2025 del Tribunale di Roma, hanno proposto ricorsi per cassazione, con un unico atto a firma del loro comune difensore avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale deducono, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., con riferimento all’art. 129 dello stesso codice, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione.
I ricorrenti lamentano che il Tribunale di Roma, nell’affermare l’insussistenza dei presupposti per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., si sarebbe limitato a richiamare, in modo del tutto
generico, gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, «omettendo di interpretarli e di illustrarne, sia pure succintamente, il loro significat dimostrativo», con la conseguente mancanza, mera apparenza o manifesta illogicità della motivazione nella parte relativa alla suddetta affermazione del Tribunale di Roma.
In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso, con il quale è dedotto il vizio della motivazione con riguardo alla valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., non rientra tra i suddetti casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento (tra le tantissime: Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761-01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 27833701; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272014-01).
Trattandosi di impugnazione proposta contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, i ricorsi devono essere trattati nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per la ragione sopra indicata, i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di C 3.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 26/06/2025.