Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e i Limiti della Riforma
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è una delle procedure alternative al dibattimento più note nel nostro sistema penale. Ma una volta che l’accordo è stato ratificato dal giudice, quali sono le possibilità di contestarlo? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi limiti del ricorso patteggiamento, specialmente dopo le modifiche introdotte dalla cosiddetta Riforma Orlando del 2017.
I Fatti del Caso: Impugnazione di una Sentenza di Patteggiamento
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Catania. L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando presumibilmente vizi nella sentenza che, a suo dire, ne giustificavano l’annullamento. In particolare, il nodo della questione verteva sulla presunta omessa valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
La Decisione della Cassazione e i Limiti del Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in via preliminare, senza nemmeno entrare nel merito della discussione. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017. Questa norma ha circoscritto in modo netto i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Tale scelta legislativa ha blindato l’accordo tra le parti, limitando drasticamente le possibilità di rimetterlo in discussione.
Le Motivazioni: L’impatto della Riforma sui Motivi di Ricorso
Il cuore della motivazione risiede nel cambiamento normativo. Prima della riforma del 2017, la giurisprudenza ammetteva un controllo più ampio sulle sentenze di patteggiamento. Oggi, invece, il comma 2-bis dell’art. 448 c.p.p. elenca tassativamente i soli motivi di ricorso ammessi:
1. Vizi nella formazione della volontà: problemi legati all’espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice.
3. Errata qualificazione giuridica: se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena: se la sanzione applicata è contraria alla legge o non rientra nei limiti edittali.
La Corte ha specificato che, al di fuori di queste ipotesi, ogni altro motivo è precluso. Di conseguenza, il difetto di motivazione sull’insussistenza delle condizioni per un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. non è più un vizio che può essere fatto valere in sede di legittimità. Sebbene il giudice del patteggiamento abbia sempre l’onere di verificare l’assenza di cause di proscioglimento prima di ratificare l’accordo, la sua eventuale omissione nel motivare questo passaggio non rende la sentenza appellabile in Cassazione. Si tratta di una valutazione che si presume compiuta implicitamente.
Le Conclusioni: Cosa Cambia per Chi Accede al Patteggiamento
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: la scelta del patteggiamento è una decisione processuale con conseguenze quasi definitive. L’imputato che opta per questo rito speciale rinuncia a un accertamento pieno della sua responsabilità in cambio di uno sconto di pena, ma al contempo accetta una drastica riduzione dei mezzi di impugnazione. La pronuncia della Cassazione serve come monito: il ricorso patteggiamento è un’opzione eccezionale, percorribile solo se si rientra in uno dei ristrettissimi casi previsti dalla legge. Pertanto, la valutazione sull’opportunità di accedere a questo rito deve essere ponderata con estrema attenzione, consci della sua sostanziale irrevocabilità.
È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, è possibile, ma solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge. La sentenza di patteggiamento non è appellabile, ma è soggetta a ricorso per cassazione entro limiti molto stretti.
Quali sono i motivi per cui si può impugnare un patteggiamento dopo la riforma del 2017?
I motivi ammessi sono: vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La mancata motivazione del giudice sull’assenza di cause di proscioglimento è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No. A seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103/2017, l’omessa motivazione da parte del giudice circa l’insussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato (ex art. 129 c.p.p.) non costituisce più un motivo valido per presentare ricorso per cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7420 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 7420 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 18/08/1976
avverso la sentenza del 16/09/2024 del TRIBUNALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
udito il d
. ensore
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.II ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Catania, ex art. 444 del codice di rito, in data 16.9.2024, è inammissibile, posto che a seguito dell’introduzione con la legge 23 giugno 2017, n. 103 del comma 2-bis dell’art. 448 codice di rito, applicabile al caso di specie essendo essa entrata in vigore in epoca antecedente alla sentenza impugnata, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti l’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza. Alla stregua di tale previsione si è quindi concluso che è escluso il difetto di motivazione sull’insussistenza delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. Sicché, a fronte dell’onere del giudice di accertare, comunque, la descritta insussistenza di cause di proscioglimento, l’eventuale omissione della motivazione sul punto, a seguito dell’indicata riforma, non è più censurabile in sede di legittimità; ed è quindi inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento con il quale si deduca l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.;
e, in tal caso, questa Corte provvede a dichiarare l’inammissibilità con ordinanza “de plano” ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (così Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014 – 01; conforme Sez. 5, Ordinanza n. 28604 del 04/06/2018 Rv. 273169 -01).
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20,11.2024.