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Ricorso patteggiamento: limiti dopo la Riforma Cartabia

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. 7 Penale, num. 11659/2025, dichiara inammissibili i ricorsi presentati da due imputati avverso una sentenza di patteggiamento. I ricorrenti lamentavano la mancata pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. La Corte, applicando le modifiche introdotte dalla L. 103/2017 (cd. Riforma Orlando), ha ribadito che il ricorso patteggiamento è limitato a specifici motivi, tra cui non rientra più la mancata valutazione di cause di non punibilità. Di conseguenza, ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Nuovi Limiti Post-Riforma

Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento cruciale nel nostro ordinamento, ma le sue maglie si sono strette in seguito alle recenti riforme. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 11659/2025) offre un chiarimento fondamentale sui motivi per cui è ancora possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Questo provvedimento sottolinea l’importanza di comprendere le nuove regole per evitare declaratorie di inammissibilità e le relative conseguenze economiche.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Oltre i Limiti Consentiti

La vicenda trae origine dai ricorsi presentati da due imputati, assistiti da un unico difensore, avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Palermo. Entrambi i ricorsi, identici nel contenuto, contestavano la decisione del giudice di primo grado, lamentando la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, i difensori sostenevano che, nonostante l’accordo sulla pena, il giudice avrebbe dovuto rilevare la presenza di cause di non punibilità e prosciogliere gli imputati.

Analisi del Ricorso Patteggiamento alla Luce della Riforma

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi palesemente inammissibili, senza necessità di formalità. La motivazione si fonda sull’interpretazione delle norme che regolano il ricorso patteggiamento, modificate significativamente dalla Legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come Riforma Orlando). A partire dal 3 agosto 2017, infatti, l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è consentita “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”.

I Motivi Ammessi per l’Impugnazione

La Corte ha specificato quali sono le uniche ragioni valide per presentare un ricorso in Cassazione contro un patteggiamento:

* Vizio della volontà: quando il consenso dell’imputato all’accordo non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
* Difetto di correlazione: se la sentenza del giudice non corrisponde all’accordo raggiunto tra le parti.
* Errata qualificazione giuridica: nel caso in cui il reato sia stato classificato in modo errato.
* Illegalità della pena: qualora la pena applicata sia contraria alla legge o superi i limiti edittali.

Come evidenziato dai giudici, il motivo sollevato dai ricorrenti – ovvero la mancata declaratoria di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non rientra più in questo elenco tassativo. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato al di fuori dei confini tracciati dal legislatore.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un’analisi temporale e normativa. Sia la richiesta di patteggiamento che l’impugnazione erano successive all’entrata in vigore della Legge n. 103/2017. Pertanto, le nuove e più restrittive regole erano pienamente applicabili al caso di specie. La scelta del legislatore è stata quella di limitare l’accesso alla Cassazione per le sentenze di patteggiamento, considerandole il frutto di un accordo processuale che, una volta raggiunto e ratificato dal giudice, dovrebbe avere una maggiore stabilità.

La Corte ha inoltre applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale. Non ravvisando un’assenza di colpa da parte dei ricorrenti nel proporre un’impugnazione inammissibile, li ha condannati al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, è stata disposta la condanna al versamento di una sanzione pecuniaria di quattromila euro ciascuno in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver intrapreso un’azione giudiziaria priva dei presupposti di legge.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per gli operatori del diritto: il ricorso patteggiamento è uno strumento con limiti ben definiti. La riforma del 2017 ha circoscritto in modo netto i motivi di impugnabilità, escludendo la possibilità di contestare la mancata valutazione di cause di proscioglimento. La decisione della Cassazione serve da monito: un ricorso basato su motivi non più ammessi non solo sarà respinto, ma comporterà anche significative conseguenze economiche per i ricorrenti. È quindi essenziale, prima di intraprendere la via dell’impugnazione, verificare attentamente la conformità dei motivi con la normativa vigente, al fine di evitare esiti processuali sfavorevoli e sanzioni pecuniarie.

Dopo la riforma del 2017, è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p.?
No, l’ordinanza chiarisce che la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento non rientra più tra i motivi ammessi per il ricorso per cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi relativi a: 1) vizio nell’espressione della volontà dell’imputato; 2) difetto di correlazione tra richiesta e sentenza; 3) erronea qualificazione giuridica del fatto; 4) illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non ammessi dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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