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Ricorso patteggiamento: limiti di impugnazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La decisione si fonda sulla riforma del 2017 (art. 448, co. 2-bis, c.p.p.), che limita tassativamente i motivi di impugnazione. Il motivo sollevato dal ricorrente, relativo all’omessa motivazione su cause di proscioglimento, non rientra tra quelli ammessi dalla legge, rendendo il ricorso patteggiamento inammissibile e comportando la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione

La scelta di definire un procedimento penale attraverso il patteggiamento è una strategia processuale comune, ma quali sono i reali confini per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi limiti introdotti dalla riforma del 2017, confermando che il ricorso patteggiamento è ammissibile solo in casi eccezionali e tassativamente previsti. Questo articolo analizza la decisione e le sue importanti conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver concordato la pena con il Pubblico Ministero e aver ottenuto una sentenza di patteggiamento dal Giudice dell’Udienza Preliminare (G.u.p.) del Tribunale di Venezia, decideva di impugnare tale pronuncia dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso era uno e specifico: l’omessa motivazione da parte del giudice di primo grado sulla sussistenza di eventuali cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, il ricorrente lamentava che il giudice non avesse adeguatamente verificato la possibilità di un’assoluzione prima di ratificare l’accordo sulla pena.

La Decisione sul Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione sollevata, ma si è fermata a un vaglio preliminare di ammissibilità, basandosi sull’attuale quadro normativo che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La Corte ha ribadito un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza, stabilendo che i motivi di ricorso sono oggi circoscritti a un elenco chiuso e invalicabile.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma ha profondamente modificato le regole del gioco, limitando drasticamente la possibilità di presentare ricorso contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

La Corte ha spiegato che, a seguito di tale riforma, il ricorso è consentito solo per un catalogo tassativo di violazioni di legge, tra cui rientrano, ad esempio, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena concordata. Il motivo addotto dal ricorrente – ovvero la presunta mancata verifica della sussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non è incluso in questo elenco.

Citando un proprio precedente (Sez. 6, n. 1032 del 2019), la Suprema Corte ha sottolineato che dedurre un vizio di violazione di legge per la mancata verifica delle cause di assoluzione non è più una via percorribile. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione priva di fondamento giuridico.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento restrittivo e rigoroso. Per gli avvocati e i loro assistiti, le implicazioni sono chiare: la decisione di patteggiare deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le successive possibilità di contestazione sono molto limitate. Presentare un ricorso basato su motivi non espressamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. non solo è destinato al fallimento, ma espone anche al rischio concreto di una condanna a sanzioni pecuniarie. La sentenza cristallizza il principio secondo cui, una volta accettato il patteggiamento, l’unica porta per l’impugnazione è quella, strettissima, delle violazioni di legge specificamente elencate dal legislatore.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto nel 2017, ha limitato l’impugnazione a specifiche e tassative ipotesi di violazione di legge, escludendo altre censure.

La mancata motivazione sulla sussistenza di cause di assoluzione è un valido motivo di ricorso contro un patteggiamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo specifico vizio non rientra tra le ipotesi per cui è ammesso il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, come stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Cosa rischia chi presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se la Corte ravvisa profili di colpa, può essere condannato anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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