Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti sui Motivi di Impugnazione
L’istituto del patteggiamento, disciplinato dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso penale, ma quali sono i limiti per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui motivi tassativi che consentono un ricorso patteggiamento, escludendo censure generiche sulla mancata valutazione di cause di proscioglimento.
Il Contesto del Caso: L’impugnazione della Sentenza di Patteggiamento
Due imputati hanno presentato ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare. Il fulcro della loro doglianza risiedeva nella presunta omessa valutazione, da parte del giudice di merito, di eventuali cause di proscioglimento immediate, così come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Secondo i ricorrenti, il giudice avrebbe dovuto, prima di ratificare l’accordo tra le parti, verificare l’assenza di palesi ragioni per un’assoluzione.
I Limiti al ricorso patteggiamento secondo la Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo una chiara interpretazione della normativa vigente, in particolare dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
La Tassatività dei Motivi di Ricorso
La norma citata elenca in modo esplicito e tassativo i soli motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono impugnare una sentenza di patteggiamento. Questi includono:
1. Vizi nella formazione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso all’accordo non è stato espresso liberamente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde a quanto concordato.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie errata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge.
La Questione dell’Art. 129 c.p.p.
La Corte ha sottolineato che la contestazione mossa dai ricorrenti, relativa alla mancata valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non rientra in nessuna delle categorie sopra elencate. Pertanto, tale motivo di doglianza non è ammesso dalla legge per contestare una sentenza di patteggiamento.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su una lettura rigorosa della legge. Il legislatore ha volutamente circoscritto la possibilità di impugnare il patteggiamento per garantire la stabilità delle decisioni basate su un accordo processuale. Permettere un controllo generalizzato sulla valutazione di merito del giudice, come la ricerca di cause di proscioglimento, snaturerebbe la finalità stessa del rito, che si basa proprio sulla rinuncia delle parti a un pieno accertamento dei fatti in cambio di una pena ridotta. La Corte ha quindi concluso che, non rientrando la censura proposta tra i motivi consentiti, i ricorsi dovevano essere dichiarati inammissibili.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il ricorso patteggiamento non è un appello di terzo grado, ma un rimedio straordinario con presupposti ben definiti. Chi accede al patteggiamento deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici e formali dell’accordo o della sentenza. La presunta esistenza di cause di proscioglimento non può essere fatta valere, per la prima volta, in sede di legittimità, ma deve essere vagliata dal giudice al momento della ratifica dell’accordo. La decisione consolida la stabilità delle sentenze di patteggiamento, confermando la volontà del legislatore di creare un percorso processuale alternativo rapido e con limitate vie di fuga.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è possibile solo per i motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questi riguardano vizi del consenso, errori nella qualificazione giuridica del fatto, illegalità della pena o discordanza tra richiesta e sentenza.
La mancata valutazione di una causa di proscioglimento (art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No, secondo l’ordinanza analizzata, la contestazione relativa alla mancata valutazione di eventuali cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. non rientra tra i motivi ammessi dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Se il ricorso è fondato su motivi non previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24153 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a GROTTAGLIE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2024 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di TARANTO
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Rilevato che si procede de plano;
Rilevato che è stata impugnata una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., e che, in punto di impugnazione della sentenza di patteggiamento, l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. dispone che “il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”, mentre nel caso in esame entrambi i ricor contestano la mancata valutazione di eventuali cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.;
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.