Ricorso Patteggiamento: Quando si Può Impugnare la Sentenza?
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro processo penale che consente di definire il procedimento in modo più rapido, a fronte di uno sconto di pena. Tuttavia, una volta che l’accordo è stato ratificato dal giudice, le possibilità di contestarlo sono molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui precisi confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, sono destinati a essere dichiarati inammissibili.
I Fatti di Causa
Nel caso in esame, un imputato aveva concordato con la Procura una pena per diversi reati, tra cui riciclaggio, furto in abitazione e resistenza a pubblico ufficiale. Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) aveva accolto la richiesta, emettendo la relativa sentenza di patteggiamento.
Successivamente, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge. Il motivo del contendere era uno solo: la mancata applicazione della riduzione della pena nella sua misura massima, ovvero un terzo, come previsto dall’articolo 444 del codice di procedura penale.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Legge
La Corte di Cassazione ha immediatamente dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato e normato dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è un’ipotesi eccezionale.
Non è possibile, infatti, impugnare la sentenza per motivi che riguardano la quantificazione della pena, il bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti, o la misura delle riduzioni applicate. Questi aspetti, definiti “profili commisurativi”, rientrano nella valutazione discrezionale che porta all’accordo tra le parti e alla successiva ratifica del giudice. L’unica via percorribile è quella di contestare l'”illegalità” della pena, un concetto ben più ristretto.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha spiegato in modo netto la differenza tra una pena “non congrua” e una pena “illegale”. Una pena è illegale quando:
1. È una sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico per quel tipo di reato.
2. Supera, per specie o quantità, i limiti massimi stabiliti dalla legge.
Nel caso specifico, la legge prevede che con il patteggiamento la pena sia diminuita “fino ad un terzo”. L’uso del termine “fino a” indica chiaramente che il giudice ha un margine di discrezionalità e non è obbligato a concedere la riduzione massima. Pertanto, applicare una riduzione inferiore al terzo non rende la pena illegale, ma rappresenta semplicemente l’esito dell’accordo tra le parti e della valutazione del giudice.
Il motivo sollevato dal ricorrente non denunciava un’illegalità, ma criticava una scelta discrezionale sulla misura della pena. Di conseguenza, il ricorso si poneva al di fuori dei limiti consentiti dalla legge ed è stato, per questo, dichiarato inammissibile.
Conclusioni
La decisione della Cassazione rafforza un principio cardine della procedura penale: l’accordo raggiunto con il patteggiamento ha una sua stabilità e non può essere messo in discussione per mere valutazioni di convenienza sulla quantificazione della pena. Il ricorso patteggiamento rimane uno strumento eccezionale, utilizzabile solo in presenza di vizi gravi che rendano la pena inflitta contraria alla legge nei suoi presupposti fondamentali. Chi opta per questo rito deve essere consapevole che sta rinunciando a contestare nel merito la misura della sanzione, a meno che questa non sia palesemente e oggettivamente illegale.
È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento se si ritiene che la riduzione di pena sia stata troppo bassa?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile presentare ricorso per motivi che riguardano la misura della pena, come l’entità della riduzione. Tali aspetti rientrano nell’accordo tra le parti e non costituiscono un’illegalità della pena.
Cosa si intende per ‘pena illegale’ in un patteggiamento?
Per ‘pena illegale’ si intende una sanzione che non è prevista dalla legge per quel reato specifico, oppure una pena che, per tipo o quantità, supera i limiti massimi fissati dal codice penale. Solo in questi casi è ammesso il ricorso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la mancata applicazione della riduzione di pena nella misura massima di un terzo. Poiché la legge prevede una riduzione ‘fino a’ un terzo, la scelta di una misura inferiore rientra nella discrezionalità dell’accordo e del giudice e non rende la pena illegale, unico motivo valido per un ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2033 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 2033 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRENGA NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/04/2023 del GIP TRIBUNALE di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Il G.I.P. presso il Tribunale di Brescia, con sentenza ex art. 444 cod.proc.pen. in data 26 aprile 2023, applicava a Prenga Albert la pena concordata fra le parti in ordine ai delitti riciclaggio, furto in abitazione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali allo s contestati.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen., violazione dell’articolo 606 lettera b) ed e) codice procedura penale in relazione alla mancata applicazione della riduzione di un terzo della pena detentiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto per motivi non deducibili avverso una sentenza di patteggiamento e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile con procedura de plano.
Ed invero, va ricordato come è inammissibile ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. il ricorso per cassazione che deduca motivi concernenti, non l’illegalità della pena, intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale, ma profili commisurativi della stessa, discendenti dalla violazione parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero attinenti al bilanciamento delle circostanze reato o alla misura delle diminuzioni conseguenti alla loro applicazione (Sez. 5, n. 19757 del
16/04/2019, Rv. 276509 – 01). E nel Caso in esame il ricorso deduce la mancata riduzione della pena nella misura massima di un terzo benchè ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen. la riduzione prevista è fino ad un terzo così che alcun profilo di illegalità della sanzione in sussiste.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 19 dicembre 2023