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Ricorso patteggiamento: limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, proposto da tre imputati per reati contro il patrimonio. La Corte ha chiarito che il ricorso patteggiamento è possibile solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge, tra i quali non rientra la generica ‘contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione’. Di conseguenza, gli appellanti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: I Limiti Imposti dalla Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento processuale fondamentale nel nostro ordinamento, pensato per deflazionare il carico giudiziario. Ma cosa succede quando una delle parti non è soddisfatta della sentenza? Il ricorso patteggiamento è ammissibile senza limiti? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili di questo strumento di impugnazione, dichiarando inammissibile un appello basato su motivi non previsti dalla legge.

I Fatti del Caso: Un Appello per Illogicità della Motivazione

Tre individui, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, ottenevano dal Tribunale di Roma una sentenza di patteggiamento. La pena concordata era di otto mesi e venti giorni di reclusione, oltre a 1000 euro di multa, con il beneficio della sospensione condizionale, per reati contro il patrimonio commessi in concorso.

Nonostante l’accordo, gli imputati, tramite il loro difensore, decidevano di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso era unico e specifico: la presunta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza, un vizio previsto dall’articolo 606, comma 1, lettera e) del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte: Quando il Ricorso Patteggiamento è Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze dei ricorrenti, dichiarando i ricorsi inammissibili. La Corte ha evidenziato come la riforma legislativa del 2017 abbia introdotto una disciplina molto restrittiva per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, al fine di preservare la natura deflattiva e consensuale dell’istituto.

La Riforma e i Motivi Tassativi di Ricorso

Il punto cruciale della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla legge n. 103/2017, elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. Essi sono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

La Corte ha sottolineato che il motivo addotto dai ricorrenti – la manifesta illogicità della motivazione – non rientra in questo elenco chiuso. Di conseguenza, il ricorso era ab origine privo dei requisiti di legge per poter essere esaminato nel merito.

La Procedura Semplificata ‘De Plano’

La Cassazione ha inoltre applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che prevede una procedura semplificata, detta ‘de plano’, per la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento. Questo significa che la decisione è stata presa senza la necessità di una pubblica udienza, sulla base dei soli atti, a conferma della chiara infondatezza del ricorso.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono ancorate a un’interpretazione rigorosa della volontà del legislatore. La riforma del 2017 ha voluto blindare la sentenza di patteggiamento, rendendola difficilmente attaccabile per preservarne l’efficienza. Consentire un ricorso per vizi di motivazione significherebbe snaturare l’essenza stessa del patteggiamento, che si fonda su un accordo tra le parti e non su un accertamento completo dei fatti come avviene in un processo ordinario. La motivazione della sentenza di patteggiamento è per sua natura semplificata, e contestarne la logicità equivarrebbe a rimettere in discussione l’accordo stesso, vanificando lo scopo deflattivo del rito.

Le Conclusioni

In conclusione, questa pronuncia della Cassazione serve come un importante monito: il ricorso patteggiamento non è uno strumento per rinegoziare o contestare l’opportunità di un accordo già raggiunto. È un rimedio eccezionale, esperibile solo in presenza di vizi gravi e specificamente individuati dalla legge, che attengono alla formazione della volontà, alla legalità della pena o a errori procedurali macroscopici. Chi intende percorrere questa strada deve assicurarsi che le proprie censure rientrino perfettamente nel perimetro disegnato dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p., pena l’immediata declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento di spese e sanzioni.

È possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è proponibile solo per i motivi tassativamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotti dalla legge n. 103 del 2017.

La ‘manifesta illogicità della motivazione’ è un motivo valido per impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, secondo questa ordinanza della Corte di Cassazione, la manifesta illogicità della motivazione non rientra tra i motivi specifici previsti dalla legge per i quali è ammesso il ricorso contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in quattromila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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