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Ricorso Patteggiamento: Limiti all’Appello in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15444/2019, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Il ricorso era basato su una presunta erronea qualificazione giuridica del reato e sulla sussistenza di cause di proscioglimento. La Corte ha ribadito che, a seguito della riforma dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., il ricorso patteggiamento per erronea qualificazione è ammesso solo se l’errore è palese e immediatamente riscontrabile dagli atti, senza alcuna valutazione di merito. Inoltre, ha confermato che non è possibile dedurre l’esistenza di cause di proscioglimento.

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Pubblicato il 4 agosto 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso l’Appello in Cassazione?

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle scelte processuali più significative per un imputato. Tuttavia, una volta intrapresa questa strada, le possibilità di rimettere in discussione la sentenza sono estremamente limitate. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito ulteriormente i rigidi confini del ricorso patteggiamento, soprattutto dopo le modifiche introdotte all’articolo 448 del codice di procedura penale. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Nel caso in esame, il Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) del Tribunale di Ravenna aveva applicato a un imputato, su concorde richiesta delle parti, una pena di due anni di reclusione e 600 euro di multa. La pena era relativa a una serie di reati, tra cui rapina, lesioni aggravate e furto, uniti dal vincolo della continuazione e con la concessione di attenuanti. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Riforma dell’Art. 448 c.p.p.

Il difensore ha basato l’impugnazione su due motivi principali:
1. L’erronea qualificazione giuridica di uno dei reati contestati.
2. La sussistenza di cause di proscioglimento che il giudice di merito non avrebbe considerato.

Entrambi i motivi si scontrano con la nuova formulazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che ha drasticamente ristretto l’ambito del ricorso patteggiamento. Questa norma stabilisce che il ricorso è consentito solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti fondamentali sull’interpretazione della normativa.

Per quanto riguarda il primo motivo, relativo all’erronea qualificazione giuridica, i giudici hanno specificato che il ricorso è ammissibile solo quando tale qualificazione risulti “palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione”. In altre parole, l’errore deve essere macroscopico e immediatamente evidente dalla sola lettura degli atti, senza la necessità di addentrarsi in complesse analisi di fatto o di prove che non sono proprie del giudizio di legittimità. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che le condizioni per un errore così palese non sussistessero.

Sul secondo motivo, relativo alla sussistenza di cause di proscioglimento, la Corte è stata ancora più netta. Ha affermato che tale motivo “non è consentito, non rientrando nel novero dei vizi deducibili in sede di legittimità” contro una sentenza di patteggiamento. La riforma ha escluso esplicitamente questa possibilità, rendendo la scelta del patteggiamento di fatto incompatibile con una successiva contestazione basata sulla potenziale innocenza dell’imputato.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio cardine della procedura penale post-riforma: la scelta del patteggiamento è una decisione processuale quasi tombale. L’imputato, accettando la pena concordata, rinuncia in larga parte al diritto di impugnazione, salvo che per vizi formali o errori giuridici di eccezionale e manifesta gravità. Questa pronuncia serve da monito per la difesa: la valutazione sull’opportunità di accedere a un rito alternativo come il patteggiamento deve essere estremamente ponderata, poiché le vie d’uscita successive sono quasi del tutto precluse. La sentenza di patteggiamento, una volta emessa, acquisisce una stabilità che solo in casi rarissimi può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per un’erronea qualificazione giuridica del reato?
Sì, ma solo in casi molto limitati. Il ricorso è ammesso unicamente quando la qualificazione giuridica data dal giudice è palesemente ed immediatamente eccentrica, ovvero del tutto slegata e illogica, rispetto al fatto descritto nel capo di imputazione, senza che sia necessario esaminare elementi di fatto o probatori.

Si può impugnare una sentenza di patteggiamento sostenendo che esistevano delle cause di proscioglimento (es. l’imputato era innocente)?
No. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale esclude esplicitamente che si possa presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento lamentando la mancata applicazione di una causa di proscioglimento.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle Ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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