Ricorso Patteggiamento Inammissibile: la Cassazione Fissa i Paletti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento. La pronuncia chiarisce che un ricorso patteggiamento inammissibile è la conseguenza inevitabile quando le censure proposte non rientrano nel novero tassativo dei motivi previsti dalla legge. Analizziamo questa importante decisione per comprendere i limiti imposti dalla riforma del 2017.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa per reati in materia di stupefacenti, armi e ricettazione, otteneva dal Tribunale una sentenza di applicazione della pena su richiesta (il cosiddetto patteggiamento). Non soddisfatto dell’esito, decideva di presentare ricorso per cassazione tramite il suo difensore di fiducia.
I Motivi del Ricorso: Pena e Attenuanti nel Mirino
La difesa lamentava vizi di motivazione della sentenza impugnata, concentrandosi su due aspetti principali:
1. Il trattamento sanzionatorio: si contestava la congruità della pena applicata, ritenuta eccessiva.
2. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: si doleva della scelta del giudice di non concedere lo sconto di pena previsto per tali circostanze.
In sostanza, il ricorso mirava a una rivalutazione nel merito delle scelte sanzionatorie che erano state, di fatto, oggetto dell’accordo tra le parti e recepite dal giudice di primo grado.
Limiti all’Impugnazione e il Ruolo della Riforma
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile, utilizzando la procedura semplificata de plano, ovvero senza fissare un’udienza. La ragione di tale decisione risiede nelle modifiche introdotte al codice di procedura penale dalla legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando).
L’art. 448, comma 2-bis, del codice di rito, introdotto da tale riforma, stabilisce un elenco chiuso e tassativo di motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Questi includono:
* Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto.
* Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Come evidenziato dai giudici, le censure sollevate dalla difesa non rientravano in nessuna di queste categorie. Pertanto, il ricorso patteggiamento inammissibile era l’unica conclusione possibile.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha spiegato che le lamentele relative alla quantificazione della pena o alla mancata concessione delle attenuanti generiche attengono al merito della decisione e sono estranee al perimetro del controllo di legittimità consentito per le sentenze di patteggiamento. L’accordo processuale tra accusa e difesa cristallizza la pena, e il controllo successivo della Cassazione non può rimettere in discussione tale accordo, se non per i vizi di legalità espressamente previsti dalla norma.
La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018), confermando un orientamento ormai consolidato. La ratio della riforma del 2017 è proprio quella di deflazionare il carico della Cassazione, impedendo ricorsi pretestuosi o dilatori che contestino il cuore stesso del patto processuale liberamente sottoscritto.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale della procedura penale post-riforma: chi sceglie la via del patteggiamento accetta la pena concordata, e le possibilità di contestarla in seguito sono estremamente limitate. L’impugnazione è un rimedio eccezionale, riservato a sanare errori giuridici macroscopici e non a rinegoziare l’entità della sanzione. La conseguenza dell’inammissibilità del ricorso è stata, per l’imputato, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che la pena concordata è troppo alta o che non sono state concesse le attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questi motivi non rientrano tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. e, pertanto, un ricorso basato su tali censure è inammissibile.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro un patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento basato su motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non permessa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36334 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36334 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CARIATI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/04/2025 del TRIBUNALE di CROTONE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTO E DIRITTO
Con ricorso affidato al difensore di fiducia, NOME impugna la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del Tribunale di Crotone che gli ha applicato la pena ritenuta di giustizia in ordine ai delitti in materia di stupefacenti, armi e ricettazione.
La difesa deduce vizi di motivazione in ordine al trattamento sanzioNOMErio ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano perché le proposte censure esulano da quelle che, a seguito delle modifiche apportate al codice di rito dalla legge n. 103 del 2017, entrata in vigore il 3 agosto 2017, possono essere dedotte con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Il ricorso, invero, è ammesso ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, all’erronea qualificazione giurid del fatto, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza e all’illegalità della della misura di sicurezza, nessuno dei quali dedotto dal ricorrente (cfr. Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 06/10/2025