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Ricorso patteggiamento inammissibile: limiti Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso patteggiamento inammissibile presentato contro una sentenza per reati legati agli stupefacenti. Il ricorso è stato respinto perché le motivazioni addotte non rientravano nei casi tassativamente previsti dalla legge, che limita fortemente le possibilità di appello dopo un accordo sulla pena. La Corte ha ribadito che il patteggiamento preclude un riesame del merito dei fatti.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: I Paletti della Cassazione

Quando si sceglie la via del patteggiamento, le possibilità di impugnare la sentenza si riducono drasticamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione lo ribadisce con chiarezza, dichiarando un ricorso patteggiamento inammissibile e delineando i confini precisi entro cui la difesa può muoversi. Questa decisione offre un importante spunto di riflessione sulla natura e le conseguenze di questo rito speciale.

Il Caso in Analisi: Un Appello contro il Patteggiamento

Il caso ha origine da un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Napoli Nord per un reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/90, in materia di sostanze stupefacenti. La difesa lamentava una presunta carenza di motivazione da parte del giudice di primo grado. In particolare, si contestava che il giudice non avesse adeguatamente valutato la correttezza della qualificazione giuridica del fatto e non avesse considerato la possibile presenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte: Ricorso Patteggiamento Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stroncato le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione è stata presa “de plano”, ovvero senza la celebrazione di una formale udienza, applicando una procedura semplificata prevista proprio per queste situazioni. Oltre alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende, a sanzione della temerarietà del ricorso.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Il punto cardine è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta nel 2017, stabilisce un elenco tassativo di motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Tali motivi sono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

I giudici hanno osservato che le censure mosse dalla difesa erano “palesemente contraddette” dal contenuto della sentenza impugnata. Il giudice di primo grado, infatti, aveva dato conto della correttezza della qualificazione giuridica e aveva implicitamente escluso la presenza di cause di proscioglimento. Il tentativo della difesa era, in sostanza, quello di ottenere un riesame del merito della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità e, a maggior ragione, a seguito di un patteggiamento. La procedura “de plano”, prevista dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p., è stata ritenuta il modello procedimentale unico per dichiarare un ricorso patteggiamento inammissibile quando questo è palesemente infondato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento comporta una significativa rinuncia alle facoltà di impugnazione. È un accordo che, una volta siglato e ratificato dal giudice, acquista una stabilità quasi definitiva. L’appello in Cassazione non può diventare uno strumento per rimettere in discussione l’accordo raggiunto, ma è un rimedio eccezionale, limitato a vizi specifici e gravi. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la decisione di patteggiare deve essere ponderata con estrema attenzione, illustrando chiaramente all’assistito le limitate vie di ricorso future. Qualsiasi impugnazione successiva dovrà essere fondata su argomenti solidi e rientranti nel perimetro tracciato dall’art. 448 c.p.p., per evitare una sicura dichiarazione di inammissibilità con conseguente condanna a spese e sanzioni pecuniarie.

Per quali motivi è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Secondo la sentenza, il ricorso è consentito solo per i motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, ovvero per questioni relative all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto o all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Perché il ricorso in questo caso specifico è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché le doglianze della difesa, relative alla presunta carenza di motivazione sulla qualificazione giuridica e sull’assenza di cause di proscioglimento, sono state ritenute palesemente contraddette dal contenuto della sentenza impugnata e non rientravano nei motivi di ricorso ammessi dalla legge.

Cosa significa che la decisione di inammissibilità è stata presa ‘de plano’?
Significa che la Corte di Cassazione ha preso la sua decisione senza necessità di una formale udienza, seguendo una procedura semplificata prevista dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che è il modello unico per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi contro le sentenze di applicazione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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