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Ricorso patteggiamento inammissibile: limiti all’appello

Due imputati ricorrono in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per reati legati agli stupefacenti. La Corte Suprema dichiara il ricorso patteggiamento inammissibile, poiché i motivi presentati non rientrano tra quelli, tassativamente previsti, dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Di conseguenza, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: La Cassazione e i Limiti all’Impugnazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento processuale fondamentale per definire rapidamente i procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questa materia, dichiarando un ricorso patteggiamento inammissibile perché basato su motivi non consentiti dalla legge. Analizziamo insieme la decisione per comprendere quali sono le regole e le conseguenze per chi intende contestare una sentenza di patteggiamento.

I Fatti del Caso: Il Patteggiamento e il Ricorso

Il caso ha origine da una sentenza del G.I.P. del Tribunale di Piacenza che, su accordo tra le parti, aveva applicato a due imputati pene detentive e pecuniarie per reati in materia di sostanze stupefacenti. Nello specifico, al primo imputato era stata applicata una pena di due anni e dieci mesi di reclusione e 9.000 euro di multa, mentre al secondo una pena di tre anni di reclusione e 16.000 euro di multa.

Nonostante l’accordo raggiunto, entrambi gli imputati hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione contro la sentenza, sollevando diverse questioni di diritto.

I Motivi del Ricorso: Perché gli Imputati si sono Opposti

I due ricorsi, seppur distinti, miravano a contestare la decisione del giudice di primo grado. In particolare:

* Il primo ricorrente lamentava una violazione di legge per la mancata riqualificazione del reato in un’ipotesi di minore gravità (il cosiddetto “fatto di lieve entità” previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti).
* Il secondo ricorrente, invece, contestava la mancata motivazione del giudice riguardo all’esclusione di possibili cause di non punibilità, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Entrambi i motivi, pur toccando aspetti sostanziali del procedimento, si sono scontrati con le rigide regole che disciplinano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

La Decisione della Cassazione sul ricorso patteggiamento inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi e li ha dichiarati entrambi inammissibili. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto con la riforma del 2017.

I Limiti Tassativi dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Questa norma stabilisce un elenco chiuso e tassativo dei motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi includono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Qualsiasi altro motivo, anche se astrattamente fondato, non può essere fatto valere in sede di impugnazione.

Le Conseguenze dell’Inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto delle richieste degli imputati, ma anche la loro condanna al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha stabilito il versamento di una somma di 4.000 euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista per i casi di ricorso inammissibile caratterizzati da un’evidente colpa del ricorrente.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che le censure sollevate dai ricorrenti non rientravano in alcuna delle categorie consentite dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La richiesta di una diversa qualificazione giuridica del fatto e la critica alla motivazione su una causa di non punibilità sono state considerate questioni che esulano dal perimetro dell’impugnazione consentita. L’adesione al patteggiamento implica, infatti, una parziale rinuncia a contestare l’accertamento del fatto e la valutazione del giudice, in cambio di uno sconto di pena. Permettere ricorsi basati su motivi ampi significherebbe snaturare la logica deflattiva e consensuale del rito stesso. La Corte ha quindi proceduto a una declaratoria di inammissibilità “senza formalità”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., data l’evidente infondatezza dei motivi proposti.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: la scelta del patteggiamento deve essere consapevole e ben ponderata, poiché preclude la possibilità di contestare la sentenza per motivi diversi da quelli specificamente previsti dalla legge. Chi accede a questo rito deve essere conscio che il margine di impugnazione è estremamente ridotto. La decisione conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza nel limitare i ricorsi dilatori o pretestuosi, sanzionando con il pagamento di somme significative i tentativi di aggirare le norme che regolano l’appello delle sentenze di patteggiamento. Per gli avvocati, ciò significa dover informare con estrema chiarezza i propri assistiti sulle conseguenze e sui limiti di tale scelta processuale.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, la legge limita fortemente i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. L’impugnazione è un’eccezione e non la regola.

Quali sono i motivi consentiti per ricorrere contro un patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., i motivi sono tassativi: problemi relativi al consenso dell’imputato, mancanza di corrispondenza tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa accade se si presenta un ricorso per patteggiamento basato su motivi non ammessi dalla legge?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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