Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25781 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 25781 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Marocco il 11/08/1991
avverso la sentenza del 05/12/2024 del Giudice per l’udienza preliminare del TRIBUNALE di VERONA;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME rilevato che il procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa, ex art. 444 cod. proc. pen., in data 5 dicembre 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona applicava, su concorde richiesta delle parti, all’imputato NOME la pena concordata in relazione al reato di tentata rapina aggravata.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva carenza di motivazione per non avere, il Giudice, indicato i motivi per i quali aveva ritenuto di non applicare l’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile in quanto con il medesimo viene dedotto un motivo non consentito.
Ed invero, secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, in tema di patteggiamento, è inammissibile il
ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di
cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita
l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (v., in tal senso, Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, COGNOME,
Rv. 278337 – 01)
Nel caso di specie il ricorrente ha dedotto la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. sotto il
profilo della carenza di motivazione, motivo parimenti non consentito a tenore del disposto di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., che
espressamente limita i motivi consentiti a quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza,
all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o del misura di sicurezza.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/04/2025