LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso patteggiamento inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento presentato da un imputato condannato per tentata rapina aggravata. L’imputato lamentava la mancata motivazione del giudice di primo grado sul perché non avesse applicato l’assoluzione immediata prevista dall’art. 129 c.p.p. La Suprema Corte ha ribadito che, secondo un orientamento consolidato, questo specifico motivo di doglianza non è consentito in caso di patteggiamento, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile secondo la Cassazione

L’istituto del patteggiamento, previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta una scelta strategica per l’imputato che, accordandosi con la pubblica accusa, ottiene uno sconto di pena. Tuttavia, le vie per impugnare la sentenza sono molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso patteggiamento, confermando che non è possibile lamentare la mancata motivazione del giudice sulla non applicazione dell’assoluzione ex art. 129 c.p.p.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) emessa dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Verona. L’imputato aveva concordato una pena per il reato di tentata rapina aggravata. Successivamente, tramite il proprio difensore, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza.

Il Ricorso Patteggiamento e il Motivo di Doglianza

L’unico motivo alla base del ricorso era la presunta carenza di motivazione da parte del giudice di merito. In particolare, il ricorrente sosteneva che il giudice non avesse esplicitato le ragioni per cui aveva ritenuto di non dover prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., norma che impone l’immediata declaratoria di cause di non punibilità qualora ne risulti l’evidenza.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Patteggiamento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Gli Ermellini hanno qualificato il motivo di ricorso come “non consentito”, spiegando che la natura stessa del patteggiamento preclude questo tipo di doglianza.

L’accordo tra imputato e pubblico ministero sulla pena implica una rinuncia a contestare nel merito l’accusa. Di conseguenza, è contraddittorio e proceduralmente scorretto lamentarsi in sede di legittimità della mancata motivazione su un proscioglimento che l’accordo stesso tende ad escludere. Il controllo del giudice sull’assenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è un presupposto della sentenza di patteggiamento, ma la sua motivazione non è sindacabile con un ricorso patteggiamento basato su tale presunta omissione.

Le Conseguenze dell’Inammissibilità

L’inammissibilità del ricorso ha comportato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000, ha disposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Tale sanzione viene applicata quando non vi sono elementi per ritenere che il ricorso sia stato presentato senza colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, sanzionando di fatto l’abuso dello strumento processuale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità, ha ribadito che il patteggiamento si basa su un accordo che presuppone l’accettazione della colpevolezza da parte dell’imputato, al fine di ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole. Presentare un ricorso lamentando la mancata motivazione su una possibile assoluzione è intrinsecamente contraddittorio con la logica dell’istituto. La giurisprudenza è ferma nel ritenere che i motivi di ricorso contro una sentenza di patteggiamento siano tassativi e non includano censure sulla completezza motivazionale relativa all’art. 129 c.p.p. L’atto del giudice che applica la pena concordata è il risultato di una valutazione che implicitamente esclude l’evidenza di cause di proscioglimento. Pertanto, dedurre un vizio di motivazione su questo punto equivale a tentare di rimettere in discussione il merito della vicenda, possibilità preclusa dalla scelta del rito speciale.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento e traccia una linea netta sui motivi di impugnazione ammissibili. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, emerge un chiaro monito: la scelta di patteggiare deve essere ponderata, poiché le possibilità di rimettere in discussione la decisione sono estremamente ridotte. Il ricorso per cassazione non può essere utilizzato come uno strumento per aggirare i limiti procedurali imposti dal rito prescelto. La condanna al pagamento di una somma alla cassa delle ammende sottolinea ulteriormente la volontà del legislatore e della giurisprudenza di scoraggiare impugnazioni dilatorie o palesemente infondate, tutelando l’efficienza del sistema giudiziario.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha spiegato perché non ha assolto l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No. Secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, questo motivo di ricorso è inammissibile perché non rientra tra quelli consentiti dalla legge per le sentenze di patteggiamento.

Quali sono le conseguenze se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se non si dimostra che il ricorso è stato presentato senza colpa, può essere condannato anche al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla cassa delle ammende?
Perché la Corte ha ritenuto che il ricorso fosse basato su un motivo non consentito e che quindi il ricorrente fosse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. Questa sanzione ha lo scopo di disincentivare ricorsi palesemente infondati o dilatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati