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Ricorso patteggiamento inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. I motivi dell’appello, basati sulla mancata motivazione per un proscioglimento, non rientrano tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448 c.p.p. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile secondo la Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che permette di definire il procedimento in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta delle conseguenze significative, specialmente per quanto riguarda le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, confermando che i motivi di appello sono strettamente limitati dalla legge.

I Fatti del Caso: Appello contro una Sentenza di Patteggiamento

Nel caso in esame, un imputato aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale. L’imputato lamentava, in sostanza, che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente motivato le ragioni per cui non sussistevano le condizioni per una pronuncia di proscioglimento. In altre parole, secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto spiegare perché, nonostante l’accordo sulla pena, non fosse possibile assolvere l’imputato.

Limiti e Inammissibilità del Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso con una procedura de plano, ovvero senza udienza formale, e ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa delle norme che disciplinano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

L’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.: I Motivi Tassativi

Il punto centrale della decisione è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce un elenco chiuso e tassativo dei motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Questi motivi sono:

1. Vizi nella volontà dell’imputato: se il consenso al patteggiamento non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione: se la sentenza non corrisponde alla richiesta di pena concordata tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.

Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in una di queste quattro categorie è, per definizione, inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha osservato che i motivi presentati dal ricorrente non rientravano in alcuno dei casi previsti dalla legge. La doglianza relativa alla ‘mancanza di motivazione sulla insussistenza delle condizioni che avrebbero legittimato una pronuncia di proscioglimento’ è estranea al perimetro dell’impugnazione consentita. Scegliendo il patteggiamento, l’imputato accetta una definizione rapida del processo rinunciando a contestare nel merito l’accusa, salvo i profili di legalità specificamente tutelati dalla norma. Pertanto, non è possibile, in sede di Cassazione, rimettere in discussione l’assenza delle condizioni per un’assoluzione, argomento che appartiene al giudizio di merito.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. Presentare un ricorso basato su motivi non previsti dalla legge non solo è inutile, ma anche dannoso. La dichiarazione di inammissibilità comporta, infatti, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di valutare attentamente i presupposti e i limiti di un ricorso patteggiamento prima di intraprendere la via dell’impugnazione, per evitare conseguenze negative sia in termini procedurali che economici.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca in modo tassativo i soli motivi per cui si può ricorrere, escludendo ogni altra doglianza.

Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi validi riguardano esclusivamente l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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