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Ricorso patteggiamento inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 5 febbraio 2024, ha dichiarato un ricorso patteggiamento inammissibile. Il ricorso era stato presentato contro una sentenza del Tribunale di Monza. La Suprema Corte ha stabilito che i motivi dell’appello, consistenti in generici difetti di motivazione, non rientrano nelle tassative ipotesi previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. per impugnare una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, la sua natura di accordo tra accusa e difesa impone limiti stringenti alla sua impugnabilità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza quando un ricorso patteggiamento inammissibile viene rigettato, fornendo indicazioni cruciali per la pratica legale. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Monza in data 1 giugno 2023. L’imputato, tramite il suo difensore, ha tentato di contestare la sentenza, adducendo motivi di impugnazione che la Suprema Corte ha descritto come caratterizzati da ‘assoluta genericità’ e riconducibili a ‘non altrimenti definiti difetti di motivazione’. In sostanza, il ricorso non contestava una specifica violazione di legge, ma lamentava in modo vago la motivazione alla base della sentenza patteggiata.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Patteggiamento Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 5 febbraio 2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte non è entrata nel merito delle doglianze del ricorrente, fermandosi a un vaglio preliminare sulla base dei limiti imposti dalla legge per questo tipo di impugnazioni. La decisione ha comportato non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, come conseguenza diretta della proposizione di un ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’). Questa norma ha ristretto in modo significativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. La Corte ha sottolineato che l’impugnazione è consentita solo per vizi espressamente e tassativamente elencati dalla legge.

Tra questi motivi non rientrano i generici ‘difetti di motivazione’ lamentati dal ricorrente. La Cassazione ha chiarito che le violazioni denunciabili devono essere specifiche e circoscritte a ipotesi ben definite, come ad esempio l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena concordata. Le critiche generiche, come quelle avanzate nel caso di specie, non possono trovare accoglimento, rendendo di fatto il ricorso patteggiamento inammissibile.

La Corte ha quindi applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede, in caso di inammissibilità del ricorso, la condanna del proponente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, a titolo sanzionatorio per aver inutilmente attivato la macchina giudiziaria.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale nel sistema processuale penale: il patteggiamento è una scelta che comporta una sostanziale rinuncia a far valere determinate contestazioni nel merito. L’accesso al giudizio di legittimità è un’eccezione, non la regola, e deve essere fondato su motivi di ricorso solidi e rientranti nel perimetro tracciato dal legislatore.

Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: prima di presentare un ricorso contro una sentenza di patteggiamento, è indispensabile una rigorosa verifica della sua ammissibilità ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Tentare di aggirare questi limiti con motivi generici o non previsti dalla norma conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a conseguenze economiche negative per l’assistito.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, l’ordinanza chiarisce che il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento è consentito solo per i vizi specifici ed espressamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Un generico difetto di motivazione è un valido motivo per ricorrere contro un patteggiamento?
No, la Corte ha stabilito che i rilievi che denunciano in termini di assoluta genericità un difetto di motivazione non rientrano tra le violazioni di legge per le quali è ammesso il ricorso.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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