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Ricorso Patteggiamento Inammissibile: Cassazione limita

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La decisione ribadisce che, dopo la riforma del 2017 (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), un ricorso patteggiamento è inammissibile se fondato su motivi non espressamente previsti, come il vizio di motivazione. L’appello, basato su una presunta errata valutazione di un’aggravante, è stato ritenuto infondato e non rientrante nei casi consentiti.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: I Limiti Fissati dalla Cassazione

La scelta di definire un procedimento penale con il patteggiamento è una decisione cruciale con conseguenze significative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza i confini entro cui è possibile contestare una sentenza di patteggiamento, sottolineando come un ricorso patteggiamento inammissibile sia la conseguenza quasi certa di un’impugnazione basata su motivi non previsti dalla legge. L’ordinanza in esame offre un’analisi chiara dei limiti introdotti dalla riforma legislativa del 2017, consolidando un orientamento giurisprudenziale rigoroso.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva dal Giudice per l’Udienza Preliminare una sentenza di applicazione della pena (patteggiamento) a tre anni di reclusione e 4.000,00 euro di multa, oltre alla confisca di beni in sequestro. Non soddisfatto della decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione da parte del giudice di merito riguardo a una circostanza aggravante contestata.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Patteggiamento Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato il ricorso con una procedura semplificata, cosiddetta de plano, e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione stringente dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

L’Applicazione dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

La Corte ha ricordato che, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017, le sentenze di patteggiamento possono essere impugnate solo per un numero molto limitato di motivi. Questi includono:
* Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso non è stato libero e volontario).
* Mancata corrispondenza tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
* Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

L’Esclusione del Vizio di Motivazione

Crucialmente, la Cassazione ha ribadito che il vizio di motivazione della sentenza non è più un motivo valido per l’impugnazione. Ciò significa che non è possibile contestare la sentenza di patteggiamento sostenendo che il giudice non abbia adeguatamente spiegato le ragioni della sua decisione o che non abbia verificato la possibile presenza di cause di proscioglimento (come la prescrizione del reato).

Le Motivazioni della Decisione

Nel motivare la propria scelta, la Corte ha spiegato che le doglianze dell’imputato, relative a una specifica circostanza aggravante, erano generiche e manifestamente infondate. Secondo i giudici, il GUP aveva correttamente qualificato i fatti di reato sulla base degli elementi investigativi disponibili. Pertanto, il tentativo di contestare questo aspetto si traduceva in una critica alla motivazione della sentenza, un terreno non più percorribile per questo tipo di impugnazione.
La Corte ha sottolineato che il percorso argomentativo del giudice di primo grado era pienamente adeguato alla natura speciale del patteggiamento, che non richiede un’analisi probatoria approfondita come un dibattimento ordinario. Dichiarare un ricorso patteggiamento inammissibile in questi casi serve a preservare la natura deflattiva e consensuale del rito stesso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: l’accesso al ricorso contro una sentenza di patteggiamento è eccezionale e limitato a vizi specifici e gravi. La riforma del 2017 ha reso la scelta del patteggiamento una decisione quasi definitiva, riducendo drasticamente le possibilità di rimetterla in discussione. Per l’imputato e il suo difensore, ciò implica la necessità di una valutazione ancora più attenta e ponderata prima di accedere a questo rito alternativo, poiché gli spazi per un ripensamento successivo sono estremamente ristretti e un’impugnazione basata su motivi non consentiti porterà a una declaratoria di inammissibilità e a ulteriori oneri economici.

Per quali motivi è possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., il ricorso è ammesso solo per motivi che riguardano l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Un difetto di motivazione della sentenza di patteggiamento può essere un valido motivo di ricorso?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che, a seguito della riforma del 2017, il vizio di motivazione non rientra più tra i casi per i quali è ammesso il ricorso contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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