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Ricorso patteggiamento: i motivi in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La Corte ha chiarito che il ricorso patteggiamento è consentito solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra cui non rientra il generico vizio di motivazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione Dichiara l’Inammissibilità

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie alternative al processo ordinario, ma l’accesso al giudizio di legittimità successivo è strettamente regolamentato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i limiti del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

Il caso in esame nasce da un ricorso presentato avverso una sentenza del Tribunale di Lecce, con la quale era stata applicata, su richiesta dell’imputato, una pena di un anno e due mesi di reclusione per un reato previsto dal Codice delle leggi antimafia (D.Lgs. 159/2011). L’imputato, non soddisfatto della decisione, decideva di impugnarla dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un presunto “vizio di motivazione” della sentenza stessa, in violazione degli articoli 125 e 129 del codice di procedura penale.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento in Cassazione

Il cuore della questione giuridica ruota attorno a una norma specifica: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione è fondamentale perché delimita in modo tassativo il perimetro del controllo della Corte di Cassazione sulle sentenze di patteggiamento. La legge, infatti, non consente un riesame a tutto campo della decisione, ma restringe l’ammissibilità del ricorso a specifiche e circoscritte censure.

I motivi per i quali è possibile presentare un ricorso patteggiamento sono esclusivamente i seguenti:
1. Espressione della volontà dell’imputato: vizi relativi al consenso prestato per l’accordo sulla pena.
2. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: quando il giudice si discosta da quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie normativa sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: nel caso in cui la sanzione applicata sia contraria alla legge per specie o quantità.

Qualsiasi altro motivo addotto, come il generico vizio di motivazione nel caso di specie, esula da questo elenco e non può essere preso in considerazione dalla Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, analizzando il ricorso, ha rilevato come le doglianze sollevate dal ricorrente non rientrassero in nessuna delle categorie previste dalla legge. Il “vizio di motivazione” non è contemplato tra i motivi che possono giustificare un ricorso avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è netta e si fonda su un’interpretazione letterale e rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. I giudici hanno sottolineato che l’elenco dei motivi di ricorso è tassativo e non suscettibile di interpretazione estensiva. Presentare un ricorso per ragioni non previste dalla norma equivale a proporre un’impugnazione per motivi non consentiti dalla legge. Pertanto, la conseguenza inevitabile è la declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso. La scelta legislativa è chiara: una volta raggiunto l’accordo sulla pena, la possibilità di rimettere in discussione la sentenza è eccezionale e limitata a vizi di particolare gravità e natura prettamente giuridica, escludendo una rivalutazione del merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due conseguenze automatiche per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese del procedimento. In secondo luogo, il versamento di una somma di denaro, in questo caso quantificata in tremila euro, a favore della Cassa delle ammende. Tale sanzione viene irrogata a fronte della colpa del ricorrente nell’aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei presupposti di legge. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è uno strumento per rimettere in discussione l’opportunità di un accordo già raggiunto, ma un rimedio straordinario per correggere specifici errori di diritto.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per i motivi specificamente ed esclusivamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi validi sono: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Se il ricorso è basato su motivi non previsti dalla legge, come un generico vizio di motivazione, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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