Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e Quando è Inutile
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta, è un rito alternativo che permette di definire il processo penale più rapidamente. Tuttavia, le sentenze emesse in seguito a questo accordo tra imputato e pubblico ministero hanno delle limitazioni significative per quanto riguarda le impugnazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza i confini del ricorso patteggiamento, sottolineando come non ogni doglianza possa essere portata all’attenzione della Suprema Corte.
La Vicenda Processuale
Il caso in esame nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Napoli per reati quali furto aggravato in concorso, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. L’imputato aveva deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta ‘omessa motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio’. In altre parole, secondo la difesa, il giudice di merito non aveva spiegato adeguatamente le ragioni della pena applicata, seppur concordata.
Limiti al Ricorso Patteggiamento: La Previsione dell’Art. 448 c.p.p.
La questione centrale ruota attorno all’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. Essi sono limitati a:
1. Vizi della volontà: Problemi legati all’espressione del consenso dell’imputato (ad esempio, se il consenso non è stato libero e consapevole).
2. Difetto di correlazione: Mancanza di corrispondenza tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica: Errore del giudice nel qualificare il fatto come un determinato reato anziché un altro.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: Applicazione di una sanzione non prevista dalla legge o in misura illegale.
Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in questo elenco ristretto è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione, analizzando il ricorso, ha rilevato che la censura mossa dall’imputato – ovvero la presunta carenza di motivazione sulla quantificazione della pena – non rientra in nessuna delle categorie ammesse dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La logica del legislatore è chiara: se la pena è frutto di un accordo tra le parti, la motivazione del giudice su di essa è intrinsecamente limitata, e contestarla non costituisce un valido motivo di impugnazione per cassazione.
Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ‘de plano’, cioè con un’ordinanza emessa senza la necessità di un’udienza pubblica, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. per i casi di manifesta inammissibilità.
Le Conclusioni
La decisione della Cassazione conferma un principio fondamentale: l’accesso al ricorso patteggiamento è un’eccezione, non la regola. Chi sceglie il rito del patteggiamento accetta un giudizio semplificato con limitate possibilità di impugnazione. Presentare un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge non solo è inutile, ma comporta anche conseguenze economiche. Infatti, a causa della ‘evidente inammissibilità’ del ricorso, che denota una colpa nel proporlo, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: le impugnazioni devono essere fondate su vizi specifici e legalmente riconosciuti, altrimenti si traducono solo in un aggravio di costi per il proponente.
Per quali motivi si può presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
È possibile presentare ricorso per cassazione solo per motivi specifici previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., ossia: vizi nel consenso dell’imputato, mancanza di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La critica alla motivazione sulla misura della pena è un motivo valido per ricorrere?
No. Secondo la decisione in esame, la contestazione relativa all’omessa o carente motivazione sulla quantificazione della pena non rientra tra i motivi ammessi dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Cosa comporta la presentazione di un ricorso inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, qualora la Corte ravvisi una colpa nell’impugnazione, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10198 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10198 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 28/05/1979
avverso la sentenza del 15/07/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI
Acto-avviss-alle-parti-;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Nap gli ha applicato la pena ex art. 444 cod. proc. pen. per i reati di cui agli artt. 110, 624, 625, com 1, nn. 2, 5 e 6, cod. pen. (capo A), 110, 61, comma 1, n. 2, e 337 cod. pen. (capo B), 110, comma 2, cod. pen. (capo C);
considerato che:
contro
la sentenza di applicazione della pena su richiesta, il ricorso per cassazio previsto «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di cor fra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto ed alla illegalità o della misura di sicurezza» (art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.);
l’impugnazione ha prospettato, dunque, censure non deducibili afferenti alla omessa motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata «con ordinanza de plano ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.» l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di col in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 1 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in fav della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro quattromila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 04/12/2024.