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Ricorso patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento, poiché i motivi addotti dal ricorrente, relativi alla motivazione della pena e al mancato riconoscimento di attenuanti, non rientrano nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La decisione ribadisce che l’appello contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta è limitato a specifici vizi di legittimità.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle scelte strategiche più comuni nel processo penale, ma quali sono i confini per contestare l’esito di tale accordo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 12455 del 2024) offre un chiarimento fondamentale, ribadendo i motivi tassativi per cui un’impugnazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta può essere presentata. L’analisi di questa decisione è cruciale per comprendere i limiti di questo strumento processuale.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso un’ordinanza emessa dal GIP del Tribunale. L’imputato aveva scelto il rito del patteggiamento, ma successivamente ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Le sue lamentele si concentravano su due aspetti: una generica carenza di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio applicato e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62 bis del codice penale.

I Limiti Normativi al Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il caso, ha immediatamente richiamato la disciplina specifica che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La norma di riferimento è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto con la legge n. 103 del 2017. Questa disposizione stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato possono presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento soltanto per un numero chiuso di motivi:

1. Vizi della volontà: problemi relativi all’espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica: se il fatto è stato inquadrato in una fattispecie di reato sbagliata.
4. Illegalità della pena: se la sanzione o la misura di sicurezza applicata è contraria alla legge.

Questa norma ha lo scopo di limitare le impugnazioni meramente dilatorie e di dare stabilità alle sentenze che si fondano su un accordo tra le parti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su una semplice ma rigorosa applicazione della normativa vigente. I giudici hanno osservato che le doglianze sollevate dal ricorrente non rientravano in nessuna delle quattro categorie ammesse dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte sono state nette e lineari. Contestare la sufficienza della motivazione sulla pena o la mancata concessione delle attenuanti generiche sono questioni che attengono al merito della valutazione del giudice, non a un vizio di legittimità. Scegliendo il patteggiamento, l’imputato accetta la pena concordata con il pubblico ministero e rinuncia implicitamente a contestarne la congruità. La sua volontà si è già espressa nell’accordo e non può essere messa in discussione se non per vizi che ne hanno inficiato la genuinità.

Di conseguenza, le lamentele del ricorrente sono state definite ‘doglianze non consentite’, ovvero argomentazioni che, per legge, non possono trovare spazio in un giudizio di legittimità avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta. Il ricorso è stato quindi respinto senza neanche entrare nel merito delle questioni sollevate.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che la decisione di accedere a questo rito alternativo deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché preclude quasi ogni possibilità di rimettere in discussione l’entità della pena. Il ricorso rimane un’opzione percorribile solo per vizi gravi e specifici, che intaccano la struttura legale dell’accordo o della sentenza, e non per semplici divergenze sulla valutazione della sanzione. La conseguenza dell’inammissibilità, inoltre, è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, rendendo un ricorso infondato anche economicamente svantaggioso.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento lamentando una pena troppo alta o il mancato riconoscimento di attenuanti?
No. L’ordinanza chiarisce che la contestazione sulla congruità della pena o sulla mancata concessione di attenuanti generiche non rientra tra i motivi ammessi per il ricorso, poiché l’accordo di patteggiamento implica l’accettazione della sanzione concordata.

Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, il ricorso è consentito solo per motivi che riguardano l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito in questo caso, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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