Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? La Sentenza della Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale, ma le sue vie di impugnazione sono strette e ben definite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti di questo strumento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per capire le logiche che guidano la Suprema Corte.
Il Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione
La vicenda trae origine da una sentenza del G.I.P. del Tribunale di Frosinone. Un imputato, attraverso il rito del patteggiamento previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, aveva concordato una pena di due anni e otto mesi di reclusione e 12.000 euro di multa per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, commi 1 e 1-bis, D.P.R. 309/1990).
Nonostante l’accordo sulla pena, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo addotto era unico e si concentrava su una presunta “mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla impossibilità di pervenire alla sua assoluzione”. In altre parole, la difesa sosteneva che il giudice del patteggiamento non avesse adeguatamente spiegato perché non fosse possibile pronunciare una sentenza di proscioglimento.
I Limiti del Ricorso Patteggiamento: Analisi dell’Art. 448 c.p.p.
Il cuore della questione risiede nelle limitazioni imposte dalla legge all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La norma di riferimento è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questo articolo stabilisce un elenco tassativo, ovvero chiuso e non estensibile, dei motivi per cui è possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta.
I motivi consentiti sono esclusivamente i seguenti:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in una di queste quattro categorie è, per definizione, inammissibile.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, esaminato il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile “senza formalità”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p., proprio perché fondato su un motivo non consentito dalla legge.
Le Motivazioni della Cassazione
I giudici hanno spiegato in modo chiaro e inequivocabile che la censura mossa dall’imputato – la presunta carenza di motivazione sulla mancata assoluzione – non rientra in nessuno dei casi previsti dal citato art. 448, comma 2-bis. La critica alla motivazione della sentenza di patteggiamento, quando non tocca direttamente uno dei quattro punti elencati, non è un valido motivo di ricorso. L’ordinamento, infatti, circoscrive la possibilità di impugnare l’accordo tra accusa e difesa a vizi specifici e strutturali, non a una generica rivalutazione del merito o della motivazione.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche
La decisione della Cassazione ha avuto due conseguenze dirette e significative per il ricorrente. In primo luogo, la declaratoria di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna. In secondo luogo, come conseguenza di legge, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: chi accede al rito del patteggiamento deve essere consapevole che la possibilità di impugnare la sentenza è fortemente limitata. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, ma serve solo a controllare la legalità dell’accordo e della sua ratifica da parte del giudice, entro i confini rigorosamente tracciati dal legislatore.
Perché è stato respinto il ricorso contro la sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo alla mancanza di motivazione sull’impossibilità di assoluzione, non rientra nell’elenco tassativo dei motivi consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono gli unici motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
Secondo la legge, i soli motivi ammessi riguardano vizi nell’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3143 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3143 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 25/04/1998
avverso la sentenza del 12/01/2024 del GIP TRIBUNALE di FROSINONE
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 12 gennaio 2024 il G.I.P. del Tribunale di Frosinone ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a COGNOME COGNOME la pena di arini due, mesi otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, commi 1 e 1-bis, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla impossibilità di pervenire alla sua assoluzione.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non consentito.
La dedotta censura, infatti, non rientra tra quelle indicate dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017), in quanto non riguardante motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra l richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegal della pena o della misura di sicurezza.
La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione deve, pertanto, essere pronunciata «senza formalità», ai sensi di quanto disposto dall’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che appare conforme a giustizia stabilire nella somma di euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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