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Ricorso patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento contro una condanna per reati di droga. L’impugnazione era basata su una presunta carenza di motivazione, un motivo non previsto dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p., che elenca tassativamente i casi di ricorso.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? La Sentenza della Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale, ma le sue vie di impugnazione sono strette e ben definite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti di questo strumento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per capire le logiche che guidano la Suprema Corte.

Il Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine da una sentenza del G.I.P. del Tribunale di Frosinone. Un imputato, attraverso il rito del patteggiamento previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, aveva concordato una pena di due anni e otto mesi di reclusione e 12.000 euro di multa per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, commi 1 e 1-bis, D.P.R. 309/1990).

Nonostante l’accordo sulla pena, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo addotto era unico e si concentrava su una presunta “mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla impossibilità di pervenire alla sua assoluzione”. In altre parole, la difesa sosteneva che il giudice del patteggiamento non avesse adeguatamente spiegato perché non fosse possibile pronunciare una sentenza di proscioglimento.

I Limiti del Ricorso Patteggiamento: Analisi dell’Art. 448 c.p.p.

Il cuore della questione risiede nelle limitazioni imposte dalla legge all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La norma di riferimento è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questo articolo stabilisce un elenco tassativo, ovvero chiuso e non estensibile, dei motivi per cui è possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta.

I motivi consentiti sono esclusivamente i seguenti:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in una di queste quattro categorie è, per definizione, inammissibile.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, esaminato il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile “senza formalità”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p., proprio perché fondato su un motivo non consentito dalla legge.

Le Motivazioni della Cassazione

I giudici hanno spiegato in modo chiaro e inequivocabile che la censura mossa dall’imputato – la presunta carenza di motivazione sulla mancata assoluzione – non rientra in nessuno dei casi previsti dal citato art. 448, comma 2-bis. La critica alla motivazione della sentenza di patteggiamento, quando non tocca direttamente uno dei quattro punti elencati, non è un valido motivo di ricorso. L’ordinamento, infatti, circoscrive la possibilità di impugnare l’accordo tra accusa e difesa a vizi specifici e strutturali, non a una generica rivalutazione del merito o della motivazione.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche

La decisione della Cassazione ha avuto due conseguenze dirette e significative per il ricorrente. In primo luogo, la declaratoria di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna. In secondo luogo, come conseguenza di legge, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: chi accede al rito del patteggiamento deve essere consapevole che la possibilità di impugnare la sentenza è fortemente limitata. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, ma serve solo a controllare la legalità dell’accordo e della sua ratifica da parte del giudice, entro i confini rigorosamente tracciati dal legislatore.

Perché è stato respinto il ricorso contro la sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo alla mancanza di motivazione sull’impossibilità di assoluzione, non rientra nell’elenco tassativo dei motivi consentiti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono gli unici motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
Secondo la legge, i soli motivi ammessi riguardano vizi nell’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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