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Ricorso patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento (ex art. 444 c.p.p.). L’imputato aveva contestato la mancata valutazione di una possibile assoluzione e la congruità della pena. La Suprema Corte ha chiarito che, dopo la riforma del 2017, il ricorso patteggiamento è possibile solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra i quali non rientrano quelli sollevati dal ricorrente. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale. Sebbene l’accordo sulla pena offra vantaggi in termini di celerità processuale e riduzione della sanzione, le vie per impugnare la sentenza che ne deriva sono estremamente limitate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 4169/2024) ribadisce con chiarezza i confini invalicabili posti dal legislatore, dichiarando inammissibile un ricorso fondato su motivi non previsti dalla legge.

Il Fatto: Il Ricorso Contro la Sentenza di Patteggiamento

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come ‘patteggiamento’), emessa dal GIP del Tribunale. L’imputato lamentava principalmente due vizi:

1. L’omessa valutazione da parte del giudice di primo grado delle condizioni per un proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
2. Un vizio di motivazione riguardo la congruità della pena concordata tra le parti.

In sostanza, il ricorrente sosteneva che il giudice avrebbe dovuto assolverlo anziché ratificare l’accordo sulla pena e che, in ogni caso, la motivazione sulla giustezza della pena applicata era carente.

La Decisione della Corte sul Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un controllo preliminare, evidenziando come i motivi proposti non rientrassero nel novero di quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.

Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: I Limiti Tassativi dell’Art. 448, comma 2-bis c.p.p.

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’), ha drasticamente ridotto le possibilità di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento.

La Corte ricorda che il ricorso è proponibile esclusivamente per i seguenti motivi:

* Espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento è stato viziato o non è stato liberamente espresso.
* Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde all’accordo raggiunto tra le parti.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato qualificato in modo giuridicamente errato.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione comminata è contraria alla legge (ad esempio, superiore ai massimi edittali).

I motivi addotti dal ricorrente – ossia la mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. e la presunta incongruità della pena – non rientrano in nessuna di queste categorie. La valutazione sulla congruità della pena, in particolare, è una delle questioni che la riforma ha inteso sottrarre al vaglio della Cassazione in caso di patteggiamento, poiché l’accordo tra le parti presuppone già un’accettazione della sua adeguatezza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: le porte del ricorso contro un patteggiamento sono molto strette. La scelta di accedere a questo rito alternativo deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché preclude quasi ogni possibilità di successiva contestazione nel merito. La sentenza di patteggiamento diventa, di fatto, quasi inattaccabile, salvo i pochi e specifici vizi procedurali e giuridici elencati dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, ciò significa che ogni valutazione sulla strategia difensiva, inclusa la possibile esistenza di cause di proscioglimento, deve essere completata prima di formalizzare l’accordo sulla pena, poiché dopo sarà troppo tardi per farle valere.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. Il ricorso contro una sentenza di patteggiamento può essere proposto solo per i motivi specificamente e tassativamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi validi sono: un vizio nella formazione della volontà dell’imputato ad accordarsi, la mancanza di corrispondenza tra la richiesta delle parti e la decisione del giudice, un’errata qualificazione giuridica del fatto, o l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Contestare la congruità della pena concordata è un motivo valido per ricorrere contro un patteggiamento?
No. Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione in questa ordinanza, il vizio di motivazione sulla congruità della pena non rientra tra i motivi per cui è ammesso il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento, poiché tale aspetto è insito nell’accordo stesso tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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