Ricorso Patteggiamento: I Limiti all’Impugnazione in Cassazione
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come patteggiamento, rappresenta una delle principali vie di definizione alternativa del processo penale. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza i confini del ricorso patteggiamento, specificando i motivi per cui può essere proposto avverso la sentenza, alla luce delle modifiche introdotte dalla cosiddetta Riforma Orlando (Legge n. 103/2017).
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva dal Tribunale di Imperia una sentenza di patteggiamento per il reato di evasione, previsto dall’articolo 385 del codice penale. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo principale del ricorso verteva su presunti vizi di motivazione relativi alla mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato dell’imputato in presenza di evidenti cause di non punibilità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano), senza necessità di udienza. La Corte ha basato la sua decisione sulla disciplina specifica che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, come novellata dalla Legge n. 103 del 2017.
I limiti al ricorso patteggiamento dopo la Riforma Orlando
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Riforma Orlando, ha ristretto notevolmente i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento. La finalità del legislatore è stata quella di deflazionare il carico della Suprema Corte e di dare maggiore stabilità agli accordi processuali. Le censure proposte devono esulare da una valutazione sul merito dei fatti, che si considera accettato con la richiesta di patteggiamento.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha evidenziato che il ricorso patteggiamento è ammesso esclusivamente per i seguenti motivi tassativi:
1. Vizi nella formazione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso all’accordo è stato estorto con violenza o minaccia.
2. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato contestato è stato inquadrato in una fattispecie errata.
3. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: se il giudice ha applicato una pena diversa da quella concordata tra le parti.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge (ad esempio, superiore al massimo edittale) o non prevista per quel tipo di reato.
Nel caso di specie, il ricorrente lamentava un vizio di motivazione, una censura che non rientra in nessuna delle categorie sopra elencate. La Corte, richiamando una propria precedente pronuncia (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018), ha sottolineato come le doglianze proposte esulassero completamente dal perimetro di ammissibilità fissato dalla legge. Di conseguenza, l’impugnazione è stata dichiarata inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: la scelta del patteggiamento è una decisione processuale che preclude quasi ogni possibilità di rimettere in discussione l’esito del giudizio in sede di legittimità. Il ricorso patteggiamento non può essere utilizzato per sollevare questioni di merito o vizi di motivazione, ma solo per denunciare specifici e gravi errori di diritto previsti espressamente dalla legge. La conseguenza dell’inammissibilità è stata, per il ricorrente, non solo la conferma della sentenza, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver adito la Corte con un ricorso palesemente infondato.
Per quali motivi è possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., solo per motivi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la difesa ha dedotto vizi di motivazione relativi all’applicazione dell’art. 129 c.p.p., un motivo che non rientra nell’elenco tassativo previsto dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata determinata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31508 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31508 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SANREMO il 24/01/1985
avverso la sentenza del 10/03/2025 del TRIBUNALE di IMPERIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
FATTO E DIRITTO
Con ricorso affidato al difensore di fiducia, NOME impugna la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del Tribunale di Imperia che gli ha applicato la pena ritenuta di giustiz in ordine al delitto di cui all’art. 385 cod. pen.
La difesa deduce vizi di motivazione quanto ad applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano perché le proposte censure esulano da quelle che, a seguito delle modifiche apportate al codice di rito dalla legge n. 103 del 2017, entrata in vigore il 3 agosto 2017, possono essere dedotte con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Il ricorso, invero, è ammesso ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, all’erronea qualificazione giuri del fatto, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza e all’illegalità della della misura di sicurezza, nessuno dei quali dedotto dal ricorrente (cfr. Sez. 2, n. 4727 de 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272014).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/07/2025