Ricorso Patteggiamento: I Motivi Tassativi per Impugnare la Sentenza
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale che permette di definire il processo in modo rapido. Ma cosa succede se l’imputato, dopo aver raggiunto l’accordo, vuole impugnare la sentenza? La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso patteggiamento, specificando quali motivi sono ammessi e quali portano a una declaratoria di inammissibilità.
Il Caso: Ricorso Contro una Sentenza di Patteggiamento
Nel caso di specie, un imputato aveva concordato con la Procura una pena di 5 anni di reclusione e 2.000 euro di multa per reati di rapina e porto d’armi. La richiesta congiunta era stata accolta dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Bari.
Successivamente, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza. La principale doglianza riguardava la violazione di legge e la mancanza di motivazione, poiché, a dire del ricorrente, il GIP avrebbe omesso di spiegare le ragioni per cui non aveva prosciolto l’imputato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, norma che impone il proscioglimento immediato in caso di evidente innocenza.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento Secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire un principio consolidato in materia. L’impugnazione della sentenza di patteggiamento non è libera, ma vincolata a motivi specifici e tassativamente indicati dalla legge.
L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce infatti che il ricorso patteggiamento può essere proposto solo per i seguenti motivi:
1. Espressione della volontà dell’imputato: vizi del consenso.
2. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: se il giudice ha applicato una pena diversa da quella concordata.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato qualificato in modo errato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza.
Qualsiasi altro motivo, come quello sollevato nel caso in esame, esula da questo elenco e rende l’impugnazione inammissibile.
La Mancata Motivazione sull’Art. 129 c.p.p. non è Motivo Valido
Il punto centrale della decisione è che la lamentela per la mancata motivazione sull’assenza delle condizioni per il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. non rientra tra le ipotesi consentite. La Cassazione, richiamando precedenti pronunce, ha chiarito che questo tipo di vizio non può fondare un valido ricorso patteggiamento.
Sebbene la Corte di Cassazione possa rilevare d’ufficio la sussistenza di una causa di proscioglimento, può farlo solo a una condizione: che il ricorso sia, prima di tutto, ammissibile. Se l’impugnazione è basata su motivi non consentiti, come in questo caso, la Corte non può nemmeno entrare nel merito della questione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base di una rigida interpretazione delle norme procedurali. Il legislatore, con la riforma introdotta dalla legge n. 103 del 2017, ha voluto limitare drasticamente la possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento per garantire la stabilità degli accordi tra accusa e difesa e per deflazionare il carico giudiziario.
Il ricorso è stato giudicato inammissibile de plano, ovvero con una procedura semplificata senza udienza, proprio perché manifestamente fondato su ragioni non permesse. La contestazione, inoltre, è stata ritenuta generica e aspecifica, un ulteriore profilo di inammissibilità.
La conseguenza di tale declaratoria, come previsto dall’art. 616 c.p.p., è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, non ravvisandosi un’assenza di colpa nella proposizione di un ricorso palesemente infondato.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa sentenza conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza sui limiti del ricorso patteggiamento. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, le implicazioni sono chiare: la scelta del patteggiamento ha un carattere di quasi-definitività. L’impugnazione è un’opzione eccezionale e percorribile solo se si può dimostrare uno dei vizi tassativamente previsti dalla legge. Tentare di rimettere in discussione l’accordo per altri motivi, come una pretesa carenza di motivazione sulla mancata assoluzione, si traduce in una sicura declaratoria di inammissibilità con conseguente onere economico per il ricorrente. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e consapevole prima di accedere al rito speciale del patteggiamento.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione è un’eccezione. Il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per i motivi specificamente ed esclusivamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
La mancata motivazione del giudice sul perché non ha prosciolto l’imputato è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la presunta omissione di motivazione riguardo l’assenza delle condizioni per un proscioglimento immediato (ex art. 129 c.p.p.) non rientra tra i motivi tassativi per i quali è ammesso il ricorso.
Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di una giustificazione plausibile, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36570 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 2 Num. 36570 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Modugno il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari del 02/07/2025
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con sentenza del 02/07/2025 emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il GIP del Tribunale di Bari, su concorde richiesta delle parti, ha applicato a NOME COGNOME la pena di anni 5 di reclusione ed € 2.000 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 628, commi 1 e 3 numeri 1 e 3bis cod. pen. (capo 1) e 2, 4, 7 legge 895/1967 (unificati dal vincolo della continuazione).
2.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato denunciando violazione di legge e mancanza di motivazione, in quanto il giudice emittente avrebbe omesso di motivare sia in ordine ai presupposti di applicazione della pena concordata sia in ordine in ordine alle ragioni per le quali non aveva ritenuto di poter prosciogliere il COGNOME ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
3.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis, ultima parte, cod. proc. pen., in quanto l’impugnazione avverso la sentenza di patteggiamento Ł stata proposta per motivi diversi da quelli consentiti. Ed infatti, l’art. 444, comma 2bis. cod. proc. pen., stabilisce che l’imputato può proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all’espressione della volontà delle parti, per difetti di correlazione tra richiesta e sentenza, per erronea qualificazione del fatto, nonchØ per applicazione di pena o misura di sicurezza illegale. La Suprema Corte (cfr Sez. 6, Sentenza n. 1032 del 07/11/2019 (dep. 2020) Rv. 278337 – 01) ha altresì chiarito che in tema di patteggiamento, Ł inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (nello stesso senso Sez. 1, Sentenza n. 33725 del 05/05/2021, Rv. 281890 – 01, che ha precisato che in tema di sentenza di patteggiamento, l’omessa valutazione della causa di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. può essere rilevata d’ufficio dalla Corte di cassazione, ma unicamente a condizione che il ricorso sia ammissibile in
Ord. n. sez. 1829/2025
CC – 16/10/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
quanto proposto per altri motivi rientranti tra quelli consentiti).
4.Nel caso in esame, la contestazione della pronuncia per difetto di motivazione peraltro formulata in maniera del tutto generica e aspecifica – esula dalle ipotesi per le quali l’impugnazione Ł consentita.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo quantificare in € 3.000,00
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME