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Ricorso patteggiamento: i limiti in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23644/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento. La decisione si fonda sul principio che le sentenze di applicazione della pena su richiesta non possono essere impugnate per vizi di motivazione, come la mancata verifica delle cause di proscioglimento. Il ricorso è limitato dalle specifiche violazioni di legge previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

L’ordinanza n. 23644 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come patteggiamento. La decisione ribadisce un principio fondamentale: non ogni doglianza può essere portata all’attenzione della Suprema Corte, specialmente quando si tratta di un ricorso patteggiamento. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni dei giudici.

Il Caso: Un Appello Contro la Sentenza di Patteggiamento

Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Brescia. Il ricorrente lamentava, in sostanza, un vizio di motivazione da parte del giudice di merito. Nello specifico, si contestava la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento, un controllo che, secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto effettuare prima di ratificare l’accordo sulla pena, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.

La difesa sosteneva che tale omissione costituisse un errore procedurale sufficiente a invalidare la sentenza e a giustificare un annullamento da parte della Corte di Cassazione.

I Limiti del Ricorso Patteggiamento in Cassazione

La Corte Suprema ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su una norma specifica e un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il punto focale della questione è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione limita drasticamente i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione.

La norma stabilisce che l’impugnazione è consentita solo per motivi specifici, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena concordata. Al di fuori di queste ipotesi tassativamente elencate, ogni altra censura è preclusa. In particolare, non è ammesso un ricorso che metta in discussione l’apparato motivazionale della sentenza di patteggiamento.

Le Motivazioni della Suprema Corte

I giudici di legittimità hanno osservato che le censure proposte dal ricorrente non rientravano in nessuna delle categorie consentite dalla legge. Contestare la mancata verifica delle cause di assoluzione equivale a sollevare un vizio di motivazione, ovvero un presunto errore nel ragionamento del giudice. Tuttavia, la giurisprudenza costante, richiamata anche nell’ordinanza (Sent. n. 1032 del 2019), ha stabilito che questo tipo di critica è inammissibile nel contesto del patteggiamento.

Il legislatore, limitando l’appello, ha voluto dare stabilità e celerità a questo rito speciale, che si fonda sull’accordo tra le parti. Permettere un sindacato ampio sulla motivazione snaturerebbe la funzione stessa del patteggiamento. Di conseguenza, la Corte ha deciso con una procedura semplificata (de plano), data la manifesta infondatezza del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza conferma che la via del ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento è molto stretta. Chi intende percorrere questa strada deve assicurarsi che le proprie doglianze rientrino scrupolosamente nelle ipotesi previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Tentare di impugnare la sentenza per vizi di motivazione o per una presunta inadeguata valutazione del merito da parte del giudice è un’azione destinata al fallimento, con l’ulteriore conseguenza di una condanna economica per il ricorrente. La decisione rafforza la natura deflattiva del patteggiamento, chiudendo la porta a ricorsi esplorativi o meramente dilatori.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per un vizio di motivazione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento è inammissibile se si contesta il vizio di motivazione, come la mancata verifica dell’assenza di cause di proscioglimento. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita l’impugnazione alle sole ipotesi di violazione di legge tassativamente indicate.

Quali sono le conseguenze di un ricorso per patteggiamento dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata a tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

Perché la Corte ha deciso con una procedura “de plano”?
La Corte ha utilizzato una procedura semplificata (“de plano”) perché l’inammissibilità del ricorso era palese, basandosi su un consolidato orientamento giurisprudenziale e sui chiari limiti normativi all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, rendendo superflua una discussione più approfondita in udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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