Ricorso Patteggiamento: la Cassazione Fissa i Paletti
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle aree più tecniche e delicate del diritto processuale penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per ribadire i confini, molto stretti, entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. La pronuncia chiarisce che non ogni doglianza può essere portata all’attenzione della Suprema Corte, ma solo quelle specificamente previste dal legislatore.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bergamo. L’imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, aveva ottenuto l’applicazione di una pena di nove mesi di reclusione e trecento euro di multa per un reato di furto aggravato. Successivamente, tramite il proprio difensore, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione contro tale sentenza.
Il Motivo del Ricorso: Mancata Valutazione del Proscioglimento
Il fulcro del ricorso patteggiamento proposto dall’imputato era un presunto vizio di motivazione. Secondo la difesa, il giudice di primo grado avrebbe errato nel non verificare, prima di ratificare l’accordo, la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, si contestava al giudice di aver applicato la pena concordata senza prima essersi accertato che non vi fossero le condizioni per un’assoluzione piena.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su una rigorosa interpretazione della normativa vigente, in particolare dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017 (Legge n. 103/2017), ha limitato drasticamente le possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento.
La Corte ha specificato che il ricorso è consentito solo per un elenco tassativo di motivi:
1. Vizi nella volontà dell’imputato: quando il consenso all’accordo non è stato espresso liberamente.
2. Difetto di correlazione: se c’è discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: nel caso in cui il reato sia stato inquadrato in una fattispecie errata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.
La doglianza sollevata dall’imputato, relativa alla mancata verifica delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non rientra in nessuna di queste categorie. La Suprema Corte, richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha ribadito che l’elenco fornito dall’art. 448, comma 2-bis, è chiuso e non ammette interpretazioni estensive. Pertanto, il motivo addotto dalla difesa non era proponibile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. La legge circoscrive il ricorso patteggiamento a vizi specifici e gravi, escludendo questioni che attengono a una valutazione di merito che le parti, con l’accordo, hanno scelto di non sottoporre a un pieno dibattimento. Per gli avvocati e i loro assistiti, questa decisione sottolinea l’importanza di una valutazione ponderata prima di accedere al rito speciale, essendo le vie di riesame successive estremamente limitate. La sentenza ha quindi conseguenze pratiche rilevanti: il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di quattromila euro alla Cassa delle ammende, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi proposti al di fuori dei binari normativi.
È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per lamentare la mancata valutazione di una causa di proscioglimento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che questo motivo non rientra tra quelli tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Di conseguenza, un ricorso basato su tale motivazione è inammissibile.
Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi dalla legge sono esclusivamente quelli relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento basato su motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8580 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8580 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FARIH COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 del TRIBUNALE di BERGAMO
tattre.COGNOME -e-4e-per-t-i;’
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, il G.I.P. del Tribunale di Bergamo, su concorde richiesta delle parti, ha applicato a NOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi nove di reclusione ed euro trecento di multa, in relazione al reato di cui agli artt. 624 e 625, n. 4, cod. pen..
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso tale sentenza, deducendo vizio di motivazione con riferimento alla mancata verificata della possibilità di emettere sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen..
Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non proponibili in sede di legittimità.
Trattandosi di sentenza che ha ratificato l’accordo proposto successivamente all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 50, legge n. 103 del 2017, trova applicazione il comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen. che limita il ricorso per Cassazione avverso la sentenza di patteggiamento ai soli casi in esso previsti («motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena della misura di sicurezza»).
Ebbene, in tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per Cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337; Sez. F, Ord. n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro quattromila alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024.