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Ricorso patteggiamento: i limiti dopo la riforma Orlando

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, proposto per ottenere il proscioglimento. La decisione ribadisce che, a seguito della riforma Orlando (L. 103/2017), il ricorso patteggiamento è consentito solo per vizi specifici, escludendo questioni sulla valutazione della responsabilità. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e i Limiti della Riforma Orlando

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento processuale che consente di definire il procedimento penale in modo più rapido. Tuttavia, una volta che il giudice ha accolto la richiesta, le possibilità di impugnare la sentenza sono molto limitate. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui precisi confini del ricorso patteggiamento dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Orlando, chiarendo quando un’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver concordato una pena con il pubblico ministero e aver ottenuto la relativa sentenza di patteggiamento dal Tribunale di Lecce, decideva di impugnare tale decisione davanti alla Corte di Cassazione. Attraverso il suo difensore, sosteneva che il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, in quanto, a suo dire, sussistevano le condizioni per un’assoluzione immediata. L’imputato chiedeva quindi l’annullamento della sentenza di patteggiamento.

La Decisione della Corte e le Restrizioni al Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso “palesemente inammissibile”. I giudici hanno sottolineato come le regole per impugnare una sentenza di patteggiamento siano state drasticamente ristrette dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (nota come Riforma Orlando). Questa normativa ha modificato l’articolo 448 del codice di procedura penale, limitando fortemente i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda interamente sull’interpretazione della normativa vigente. A partire dal 3 agosto 2017, data di entrata in vigore della riforma, il ricorso patteggiamento è consentito esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi nell’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato dato liberamente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde a quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge.

La Corte ha chiarito che non rientrano più tra i motivi di ricorso le questioni relative all’affermazione di responsabilità, alla valutazione delle prove o, come nel caso specifico, alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento. Tali doglianze sono incompatibili con la natura stessa del patteggiamento, che presuppone una forma di accettazione della responsabilità da parte dell’imputato. Di conseguenza, il tentativo di ottenere in Cassazione una valutazione che avrebbe dovuto essere fatta prima di scegliere il rito speciale è stato respinto.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha conseguenze pratiche molto chiare. L’imputato, vedendosi dichiarare inammissibile il ricorso, è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di quattromila euro alla cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria, prevista dall’art. 616 c.p.p., viene applicata quando non si ravvisa un’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità. La decisione rafforza un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento è una decisione ponderata che preclude, in larga misura, la possibilità di rimettere in discussione l’esito del procedimento, salvo che per i pochi e tassativi vizi procedurali elencati dalla legge. Chi intende percorrere questa strada deve essere consapevole dei suoi effetti preclusivi.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per chiedere l’assoluzione?
No. Dopo la riforma del 2017 (legge n. 103/2017), non è più possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi legati all’affermazione di responsabilità o alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Quali sono gli unici motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici: vizi nella formazione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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