Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti Imposti dalla Riforma Orlando
Con l’ordinanza n. 10957/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui ristretti confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possano essere validamente presentati dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 103 del 2017. La decisione sottolinea il carattere tassativo delle censure ammissibili, escludendo doglianze di carattere generale come la mancata valutazione di cause di proscioglimento.
I Fatti di Causa
Due imputati proponevano ricorso per cassazione avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’), emessa dal GIP del Tribunale di Bologna. Il motivo principale del ricorso si fondava sulla presunta violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che il giudice di merito avesse omesso di valutare la sussistenza di eventuali cause di proscioglimento prima di ratificare l’accordo tra accusa e difesa.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma
Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando (L. 103/2017). Questa norma ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. In particolare, il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti a:
1. L’espressione della volontà dell’imputato.
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la censura relativa alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., esula da questo elenco tassativo.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. I giudici hanno constatato che la censura sollevata dai ricorrenti non rientrava in nessuna delle quattro categorie consentite dalla legge. La doglianza sulla mancata valutazione delle cause di proscioglimento è stata ritenuta una critica generica e non specifica, che non può trovare spazio nel ristretto perimetro del ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato la sua decisione ribadendo la ratio della riforma del 2017: deflazionare il carico della Cassazione e dare maggiore stabilità agli accordi processuali. Consentire un sindacato ampio sulle sentenze di patteggiamento, al di fuori dei casi specificamente previsti, vanificherebbe lo scopo stesso del rito speciale, che si fonda proprio sulla rinuncia delle parti a un accertamento pieno del fatto in cambio di uno sconto di pena. I giudici hanno sottolineato come i motivi addotti dai ricorrenti fossero del tutto estranei alle ipotesi normative, rendendo il ricorso palesemente inammissibile. Di conseguenza, oltre alla declaratoria di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo di fondamento legale.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve formulare censure che si adattino perfettamente a una delle quattro ipotesi previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Tentare di forzare la mano con motivi diversi, per quanto potenzialmente fondati nel merito, si scontra con una barriera di inammissibilità insuperabile, comportando non solo la conferma della sentenza ma anche l’irrogazione di sanzioni economiche. La stabilità del patteggiamento è un principio che il legislatore ha voluto rafforzare, e la giurisprudenza ne è fedele custode.
Perché il ricorso contro la sentenza di patteggiamento è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo sollevato (mancata valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.) non rientra nell’elenco tassativo dei motivi ammessi dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale dopo la riforma del 2017.
Quali sono gli unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Dopo la Legge n. 103/2017, i motivi sono limitati a questioni relative a: espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10957 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10957 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G. n. 27137/2023
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti e la sentenza impugnata emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.;
Esaminati il motivo dei ricorsi, relativo al mancata valutazione della sussistenza di caus non proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.;
rilevato che le censure proposte esulano da quelle che, a seguito delle modifiche apportate a codice di rito dalla legge n. 103 del 2017, entrata in vigore il 3 agosto 2017, possono ess dedotte, con il ricorso per cassazione, avverso la sentenza di applicazione pena su richiesta de parti;
ritenuto infatti che il ricorso per cassazione è ammesso, ai sensi dell’art. 448, comma 2-b cod. proc. pen., solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al di correlazione tra la richiesta e la sentenza, alla erronea qualificazione giuridica del all’illegalità della pena o della misura di sicurezza, nessuno dei quali dedotto in modo spec dal ricorrente, che nulla in concreto ha spiegato;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023.