Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione Dichiara l’Inammissibilità
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta precise conseguenze, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di impugnare la sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità.
Il Caso in Analisi: Dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo con la pubblica accusa per una pena relativa a reati in materia di stupefacenti (ai sensi degli artt. 73 e 80 del d.P.R. 309/1990), ha deciso di impugnare la sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari.
I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti principali:
1. La presunta violazione di legge per la mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato in caso di evidente innocenza.
2. Un vizio di motivazione relativo al giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche, anziché di prevalenza sulle aggravanti contestate.
L’imputato, in sostanza, cercava di rimettere in discussione nel merito la valutazione del giudice che aveva ratificato l’accordo di patteggiamento.
Perché il Ricorso Patteggiamento è Stato Respinsito
La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che disciplina specificamente le impugnazioni contro le sentenze di patteggiamento.
Questa norma stabilisce un elenco tassativo di motivi per i quali è possibile presentare ricorso. Al di fuori di queste specifiche ipotesi, ogni altro tentativo di impugnazione è destinato a fallire.
Le Motivazioni della Decisione: I Limiti dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
La Corte ha ribadito che il ricorso patteggiamento è ammissibile esclusivamente per motivi che riguardano:
* L’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento è stato viziato.
* Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione non conforme all’accordo tra le parti.
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo palesemente sbagliato.
* L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione inflitta è contraria alla legge (es. superiore ai limiti massimi).
Nel caso di specie, le censure sollevate dal ricorrente non rientravano in nessuna di queste categorie. La richiesta di applicare l’art. 129 c.p.p. e la critica al bilanciamento delle attenuanti costituiscono valutazioni di merito che sono precluse in sede di legittimità dopo un patteggiamento. Accettando il patteggiamento, l’imputato rinuncia a contestare l’accertamento del fatto e la congruità della pena concordata, salvo i casi eccezionali previsti dalla legge.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza conferma un principio consolidato: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze definitive. Chi opta per questo rito deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Tentare un ricorso per motivi diversi da quelli tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. non solo è inutile, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende. La decisione della Corte serve da monito: il ricorso contro una sentenza di patteggiamento deve essere ponderato con estrema attenzione, focalizzandosi unicamente sui vizi specificamente ammessi dalla normativa.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. La legge limita espressamente i motivi di ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Le contestazioni relative alla valutazione delle prove o alla congruità della pena concordata sono generalmente escluse.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si propone un ricorso con motivi non consentiti dalla legge?
Come stabilito nel caso in esame, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8959 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8959 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 01/03/1996
avverso la sentenza del 12/09/2024 del GIP TRIBUNALE di BRESCIA
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ciete -~ -a+le -Pertir udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME imputato del concorso nel reato di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309 del 1990, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena emessa nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Brescia, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., lamentando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e al giudizio di sola equivalenza delle concesse attenuanti generiche;
ritenuto che le censure siano manifestamente infondate, perché palesemente estranee al novero dei motivi deducibili ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (cfr. sul punto Sez. Fer., ord. n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01, secondo la quale il ricorso è ammissibile «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazion giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza»);
ritenuto che debba conseguentemente adottarsi una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della causa di inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2025
Il Presidente