Ricorso Patteggiamento: Quando è Possibile Impugnare la Sentenza?
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro sistema processuale penale. Tuttavia, una volta che il giudice accoglie la richiesta, le possibilità di contestare la decisione diventano molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi sono ammessi e quali portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questo articolo analizza la decisione e le sue importanti implicazioni pratiche.
Il Caso: Un’Impugnazione Fuori dai Binari
Il caso in esame riguarda un imputato che, dopo aver ottenuto una sentenza di patteggiamento dal GIP del Tribunale, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione. I motivi addotti lamentavano, in sostanza, una motivazione viziata o omessa e una violazione di legge. L’imputato contestava la valutazione fatta dal giudice di primo grado, ma senza rientrare nelle specifiche categorie di vizi per cui la legge consente l’impugnazione.
L’Analisi della Cassazione sui Limiti al Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha rapidamente chiuso la questione, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma stabilisce un elenco tassativo di motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.
I motivi ammessi sono esclusivamente:
1. Espressione della volontà dell’imputato: Se il consenso al patteggiamento è viziato.
2. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: Se il giudice ha deciso qualcosa di diverso da quanto concordato.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: Se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: Se la sanzione applicata è contraria alla legge.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la critica alla motivazione della sentenza, è escluso.
L’Errata Qualificazione Giuridica
La Corte chiarisce un punto cruciale: anche il motivo dell’errata qualificazione giuridica ha dei limiti stretti. Non basta una semplice divergenza interpretativa. Il ricorso è ammissibile solo quando l’errore del giudice è palesemente eccentrico e immediatamente riscontrabile dal capo di imputazione, senza che sia necessario analizzare prove o elementi fattuali non presenti nella contestazione. Se per dimostrare l’errore bisogna richiamare aspetti probatori, l’impugnazione è inammissibile.
L’Omessa Valutazione ex art. 129 c.p.p.
Allo stesso modo, la Cassazione ha ribadito che non è possibile impugnare la sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non abbia valutato la sussistenza di condizioni per il proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso). La scelta del patteggiamento implica una rinuncia a far valere tali questioni nel merito.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si basano sulla natura stessa del patteggiamento: un accordo tra le parti che riduce il contenzioso in cambio di uno sconto di pena. Permettere un’ampia facoltà di impugnazione snaturerebbe l’istituto, trasformandolo in una sorta di primo grado di giudizio da contestare liberamente. La riforma del 2017 ha voluto proprio cristallizzare questa logica, limitando il ricorso a vizi macroscopici e immediatamente percepibili, che minano le fondamenta dell’accordo o la legalità della pena. La decisione, pertanto, non è altro che la logica conseguenza di una scelta legislativa precisa: il patteggiamento è una via d’uscita dal processo, non una tappa intermedia. Chi la sceglie accetta implicitamente di limitare le proprie facoltà di impugnazione ai soli casi eccezionali previsti dalla legge.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ha conseguenze pratiche significative. In primo luogo, ribadisce che la decisione di accedere al patteggiamento deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza che le possibilità di ripensamento sono quasi nulle. In secondo luogo, un ricorso patteggiamento infondato non è privo di costi: come nel caso di specie, l’inammissibilità comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle Ammende. Questo serve da deterrente contro impugnazioni dilatorie o pretestuose, rafforzando l’efficienza del sistema giudiziario e la stabilità delle decisioni basate su un accordo tra le parti.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per un elenco tassativo e limitato di motivi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro un patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto (solo se palesemente evidente) e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26320 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTEL VOLTURNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/09/2023 del GIP TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
&lato avviso alle parti
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME condannato ex art. 444 e ss. cod. proc. pen. è inammissibile.
Il ricorso, per l’omessa o viziata motivazione della sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. e per violazione di legge è come noto inammissibile.
Ai sensi del comma 2 bis dell’art. 448 cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017 in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile esclusivamente per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza. Tale non può essere una pena solo perché si assume determinata con vizio di motivazione.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in tema di patteggiamento, anche a seguito dell’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione.
Inoltre, non è proponibile il ricorso per l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Dunque, il ricorso è stato proposto per motivi diversi da quelli di cui al comma 2 bis dell’art. 448 cod. proc. pen. ed è pertanto inammissibile.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 26.1.2024