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Ricorso patteggiamento: i limiti dell’art. 448-bis

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento per tentata estorsione. La decisione si basa sui limiti tassativi imposti dall’art. 448-bis c.p.p., che non includono la carenza di motivazione su cause di non punibilità, portando alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: la Cassazione Ribadisce i Motivi Tassativi di Impugnazione

Con l’ordinanza n. 12663 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti del ricorso patteggiamento, chiarendo in modo inequivocabile quali siano gli unici motivi validi per impugnare una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. La decisione evidenzia le conseguenze negative di un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge, che si traduce in una declaratoria di inammissibilità e in una condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato dal difensore di due imputati avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Lecce. La sentenza applicava la pena concordata per i reati di tentata estorsione aggravata e lesioni. Il difensore lamentava un unico motivo: l’assenza di motivazione da parte del giudice di merito circa l’insussistenza delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 del codice di procedura penale, che impongono il proscioglimento dell’imputato qualora ne ricorrano i presupposti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione dell’articolo 448-bis, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto nel 2017. Questa norma ha circoscritto in modo molto preciso le ragioni per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento.

I giudici di legittimità hanno osservato che il motivo addotto dalla difesa, relativo alla presunta omessa motivazione su un’eventuale causa di proscioglimento, non rientra nell’elenco tassativo previsto dalla legge. Di conseguenza, il ricorso non poteva superare il vaglio di ammissibilità e andava respinto.

Le Motivazioni: i Limiti al Ricorso Patteggiamento

Il cuore della motivazione risiede nell’analisi dell’art. 448-bis c.p.p. La norma stabilisce che il ricorso patteggiamento è consentito solo per i seguenti motivi:

1. Vizi nella formazione della volontà: quando l’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare è viziata.
2. Difetto di correlazione: quando vi è una discordanza tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il fatto è stato inquadrato in una fattispecie di reato sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: qualora la pena applicata sia illegale (ad esempio, superiore ai massimi edittali o di specie diversa da quella prevista).

Poiché il ricorso in esame era stato proposto dopo l’entrata in vigore di questa norma e il motivo sollevato non rientrava in nessuna delle quattro categorie, la Corte non ha potuto fare altro che dichiararne l’inammissibilità. La presunta carenza di motivazione sull’art. 129 c.p.p. è un vizio che esula completamente dal perimetro di controllo concesso al giudice di legittimità in sede di impugnazione del patteggiamento.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato e funge da monito per la difesa. Impugnare una sentenza di patteggiamento è un’opzione percorribile solo in casi eccezionali e ben definiti. Un ricorso basato su motivi diversi da quelli elencati nell’art. 448-bis c.p.p. è destinato all’insuccesso e comporta conseguenze economiche negative per l’imputato. Infatti, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la declaratoria di inammissibilità per colpa del ricorrente comporta la condanna di quest’ultimo non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000,00 euro. La scelta di ricorrere deve quindi essere attentamente ponderata, analizzando scrupolosamente la sussistenza di uno dei vizi tassativamente previsti dalla legge.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448-bis, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i soli motivi per cui si può ricorrere, come vizi della volontà, illegalità della pena o erronea qualificazione giuridica del fatto.

La mancanza di motivazione da parte del giudice sulle cause di non punibilità è un valido motivo per impugnare un patteggiamento?
No, secondo quanto stabilito dalla Corte in questa ordinanza, la lamentata assenza di motivazione sull’insussistenza delle cause di non punibilità (art. 129 c.p.p.) non rientra tra i motivi ammessi dalla legge per presentare un ricorso contro una sentenza di patteggiamento.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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