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Ricorso patteggiamento: i limiti dell’appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento per tentata rapina e false dichiarazioni. Il motivo del ricorso, basato sulla mancata indicazione dei criteri di determinazione della pena, non rientra tra le casistiche tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte ribadisce che, in caso di pena concordata e non illegale, non è possibile censurare la commisurazione della stessa. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando l’Appello in Cassazione è Inammissibile

Il ricorso patteggiamento rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale, ma quali sono i limiti alla sua impugnazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti, sottolineando la tassatività dei motivi di ricorso. Il caso in esame offre uno spunto essenziale per comprendere quando e perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

Un individuo, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva dal Giudice per le indagini preliminari una sentenza di applicazione della pena (patteggiamento) per i reati di tentata rapina e falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando un vizio specifico nella sentenza: la mancata indicazione da parte del giudice dei criteri seguiti per la determinazione della pena concordata.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento nella Riforma Orlando

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta “Riforma Orlando” (legge n. 103 del 2017). Questa norma ha circoscritto in modo netto i motivi per cui sia il pubblico ministero che l’imputato possono presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. I motivi ammessi sono esclusivamente:

1. Vizi nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Qualsiasi altro motivo, al di fuori di questo elenco tassativo, non è considerato valido per impugnare la sentenza.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il caso, ha ritenuto il ricorso manifestamente inammissibile. I giudici hanno spiegato che la doglianza sollevata dalla difesa – ossia la mancata esplicitazione dei criteri di commisurazione della pena – non rientra in nessuna delle categorie previste dall’art. 448, comma 2-bis. La pena, infatti, non era stata definita “illegale”, ma era il frutto di un accordo tra accusa e difesa, che il giudice si era limitato a ratificare. Criticare la mancata motivazione su un quantum di pena che è stato concordato dalle parti stesse è una censura che la legge, dopo la riforma del 2017, non consente più. Di conseguenza, il motivo del ricorso è stato giudicato inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del sistema processuale: la stabilità delle sentenze di patteggiamento. La scelta di accedere a questo rito premiale implica una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la pena concordata, a meno che essa non sia palesemente illegale o non sussistano gli altri specifici vizi procedurali elencati dalla norma. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la fase dell’accordo tra le parti assume un’importanza cruciale e definitiva. Per l’imputato, la decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, con la consapevolezza che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende serve da monito contro la proposizione di ricorsi dilatori o privi dei presupposti di legge.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per la mancata motivazione sulla determinazione della pena?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che questo motivo non è valido, in quanto non rientra nell’elenco tassativo dei motivi di ricorso previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, specialmente quando la pena è stata concordata tra le parti e non è illegale.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, il cui importo è commisurato al grado di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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