Ricorso Patteggiamento: Quando è Possibile Impugnare la Sentenza?
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunta l’intesa e ottenuta la sentenza, quali sono le possibilità di contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Caso: Un Appello contro il Patteggiamento
Il caso in esame nasce dal ricorso presentato dal difensore di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Genova. L’imputato, dopo aver concordato la pena, ha tentato di rimettere in discussione la decisione presentando un ricorso per cassazione. Il motivo addotto era un presunto vizio di motivazione relativo alla sua responsabilità penale. In sostanza, il ricorrente contestava il fondamento stesso della sua colpevolezza, un aspetto che si presume già accettato con la richiesta di patteggiamento.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Legge
La Corte di Cassazione ha immediatamente qualificato il ricorso come inammissibile. La chiave di volta della decisione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto con la legge n. 103 del 2017. Questa norma ha circoscritto in modo molto preciso le ragioni per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.
Secondo la legge, il ricorso patteggiamento è consentito esclusivamente per motivi attinenti a:
1. L’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. L’illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi motivo al di fuori di questo elenco tassativo non può essere preso in considerazione dalla Corte.
La Decisione della Corte di Cassazione
Sulla base di queste premesse normative, la decisione dei giudici è stata netta. Il motivo presentato dal ricorrente, ovvero la contestazione sulla propria responsabilità, non rientra in nessuna delle categorie ammesse dalla legge. Pertanto, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione palesemente infondata.
le motivazioni
La motivazione della Suprema Corte è lineare e si fonda su una stretta interpretazione della norma. I giudici hanno sottolineato che la riforma del 2017 ha avuto lo scopo di deflazionare il carico della Cassazione, impedendo ricorsi dilatori o basati su motivi che contraddicono la natura stessa del patteggiamento. Accettare di patteggiare significa, implicitamente, rinunciare a contestare l’accertamento della responsabilità nel merito. Il ricorso era stato proposto per motivi ‘diversi da quelli di cui al comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen.’, rendendolo di fatto inammissibile a priori. La Corte, quindi, non è nemmeno entrata nel merito della doglianza, fermandosi alla verifica preliminare dei motivi di impugnazione.
le conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante monito pratico: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze definitive. Una volta che la sentenza è stata emessa, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e non consentono di riaprire una discussione sulla colpevolezza dell’imputato. È fondamentale che l’imputato e il suo difensore valutino con estrema attenzione tutti gli aspetti del caso prima di optare per l’applicazione della pena su richiesta, essendo consapevoli che, una volta intrapresa questa strada, la possibilità di contestare l’affermazione di responsabilità è preclusa in sede di legittimità.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento contestando la propria responsabilità?
No, la sentenza stabilisce che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento non può essere proposto per motivi attinenti alla responsabilità dell’imputato, in quanto tale motivo non rientra tra quelli tassativamente previsti dalla legge.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., i motivi validi sono quelli relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non ammessi dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 327 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 327 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 12/12/1977
avverso la sentenza del 04/08/2023 del TRIBUNALE di GENOVA
dato avo alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l sentenza del Tribunale di Genova del 4 agosto 2023, di applicazione della pena art. 444 cod. proc. pen.; il ricorrente ha dedotto il vizio della motivazion responsabilità dell’imputato.
Il ricorso per cassazione è inammissibile.
Ai sensi del comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017 in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sent di patteggiamento è proponibile esclusivamente per motivi attinen all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la r e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità d o della misura di sicurezza.
Dunque, il ricorso è stato proposto per motivi diversi da quelli di cui al co 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c:on la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de trmende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.