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Ricorso patteggiamento: i limiti della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 12092/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento. La decisione si fonda sul principio che l’appello contro una sentenza di applicazione della pena è consentito solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra i quali non rientrano la violazione di legge generica o il vizio di motivazione. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: I Limiti Imposti dalla Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale, che permette di definire il processo in modo più rapido. Tuttavia, la possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva è soggetta a limiti molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 12092 del 2024, ribadisce con chiarezza quali sono i confini invalicabili per un ricorso patteggiamento, confermando l’orientamento restrittivo introdotto dalla riforma del 2017.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Rimini. L’imputato aveva concordato con il Pubblico Ministero l’applicazione di una determinata pena, ma successivamente ha deciso di impugnare tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso si basava sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della punibilità ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale.

Il Ricorso Patteggiamento e i Motivi Tassativi

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), ha drasticamente ridotto i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento. La legge stabilisce un elenco tassativo e non ampliabile di ragioni valide, che includono:

* L’espressione della volontà dell’imputato viziata (ad esempio, per errore o violenza).
* Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
* L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in una di queste categorie è, per definizione, inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema, con la sua ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile ‘de plano’, ovvero senza la necessità di un’udienza pubblica, data la manifesta infondatezza. I giudici hanno sottolineato che i motivi addotti dal ricorrente – la violazione di legge e il vizio di motivazione sull’applicabilità dell’art. 129 c.p.p. – non sono inclusi nell’elenco previsto dall’art. 448, comma 2-bis.

La Cassazione ha affermato che la riforma del 2017 ha volutamente escluso la possibilità di contestare in sede di legittimità aspetti come la valutazione delle prove o l’argomentazione sulla non punibilità, che si considerano implicitamente superati dall’accordo tra le parti. L’accettazione del patteggiamento comporta, infatti, una sorta di rinuncia a contestare tali profili, in cambio di uno sconto di pena.

Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità

La declaratoria di inammissibilità ha comportato due conseguenze negative per il ricorrente. In primo luogo, in applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, è stato condannato a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Questa sanzione pecuniaria non è automatica, ma viene applicata quando, come in questo caso, la presentazione del ricorso è ritenuta frutto di colpa. La Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per escludere la colpa, dato che i limiti all’impugnazione del patteggiamento sono ormai consolidati nella giurisprudenza. L’ordinanza rappresenta quindi un monito importante: il ricorso patteggiamento è uno strumento da utilizzare con estrema cautela e solo quando si è certi di rientrare nei pochi casi consentiti dalla legge, per non incorrere in sanzioni economiche e nella definitiva conferma della sentenza.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come l’errata espressione della volontà dell’imputato, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, qualora ravvisi profili di colpa nella presentazione del ricorso.

Perché la violazione dell’art. 129 c.p.p. non è stata considerata un motivo valido per il ricorso?
Perché, secondo l’ordinanza, la violazione di legge e il vizio di motivazione sull’esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p. non rientrano più tra i motivi tassativamente previsti dalla legge per poter impugnare una sentenza di patteggiamento dopo la riforma del 2017.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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