Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile in Cassazione?
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è una scelta processuale che chiude la vicenda giudiziaria in modo rapido. Ma cosa succede se, dopo aver patteggiato, l’imputato decide di impugnare la sentenza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili del ricorso patteggiamento, sottolineando come la riforma legislativa abbia ristretto notevolmente le possibilità di appello. Questo caso serve da monito: un ricorso basato su motivi non più ammessi dalla legge è destinato all’insuccesso e comporta conseguenze economiche.
I Fatti del Caso: Appello Contro la Propria Richiesta
Il caso in esame riguarda un imputato che, dopo aver concordato una pena tramite patteggiamento, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il motivo dell’appello non riguardava un errore tecnico nell’accordo o nella pena applicata, ma una questione di merito: secondo la difesa, il giudice di primo grado avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, anziché ratificare l’accordo. In sostanza, l’imputato contestava la sua stessa responsabilità penale, chiedendo alla Cassazione di valutare se esistessero le condizioni per un’assoluzione.
La Decisione della Corte: un Ricorso Patteggiamento Inammissibile
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo “palesemente inammissibile”. I giudici non sono entrati nel merito della questione sollevata dall’appellante, ma si sono fermati a un controllo preliminare, basato sulle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La decisione sottolinea una svolta normativa cruciale, che ha cambiato le regole del gioco per chi intende contestare questo tipo di sentenze.
Le Motivazioni: i Limiti al Ricorso Patteggiamento Post-Riforma
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017. Questa norma ha stabilito un elenco tassativo e limitato di motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione.
I motivi ammessi sono esclusivamente:
1. Vizi nella manifestazione della volontà dell’imputato: problemi relativi al consenso prestato per il patteggiamento.
2. Difetto di correlazione tra richiesta e sentenza: quando la sentenza del giudice non corrisponde a quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.
La Corte ha chiarito che non rientrano più tra i motivi validi le questioni relative all’affermazione di responsabilità, alla valutazione delle prove o, come nel caso di specie, alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento. Tali argomenti implicano un giudizio sul merito della colpevolezza che il patteggiamento stesso mira a superare. L’appello dell’imputato era quindi fondato su ragioni che la legge, dopo il 2017, non ammette più.
Conclusioni: le Conseguenze Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento è una rinuncia a contestare la propria colpevolezza nel merito. Tentare di riaprire la discussione in Cassazione su questo punto è una strategia destinata al fallimento. Le conseguenze non sono solo procedurali, ma anche economiche. La Corte, dichiarando l’inammissibilità, ha condannato il ricorrente al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una cospicua somma (quattromila euro) a favore della cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria, prevista dall’art. 616 c.p.p., ha lo scopo di disincentivare ricorsi pretestuosi o infondati, che sovraccaricano il sistema giudiziario senza reali possibilità di successo.
Perché il ricorso contro il patteggiamento è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su motivi non più consentiti dalla legge dopo la riforma del 2017. L’appellante contestava la mancata assoluzione, una questione che riguarda la valutazione della colpevolezza, mentre la legge ora permette di impugnare il patteggiamento solo per vizi specifici e formali.
Quali sono gli unici motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
I soli motivi ammessi sono: vizi legati all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare, mancanza di corrispondenza tra la richiesta e la sentenza, errata qualificazione giuridica del reato, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Quali sono state le conseguenze economiche per chi ha presentato il ricorso inammissibile?
L’appellante è stato condannato al pagamento di tutte le spese processuali e, in aggiunta, al versamento di una sanzione pecuniaria di quattromila euro in favore della cassa delle ammende, come previsto per i ricorsi dichiarati inammissibili senza una colpa scusabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34613 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34613 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMPI SALENTINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/05/2025 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di LECCE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo vizio motivazionale in relazione alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è palesemente inammissibile per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successivi alla quale sono sia la richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della I. 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”.
Non rientrano più, pertanto, tra i motivi di ricorribilità per cassazione quelli come avvenuto nel caso che ci occupa- attinente all’affermazione di responsabilità, alla valutazione della prova e/o alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/10/2025