Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22962 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22962 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 08/08/1981
avverso la sentenza del 18/12/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di NAPOLI NORD
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udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo con un primo motivo violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio motivazionale in relazione alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen e con un secondo motivo in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è palesemente inammissibile per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successivi alla quale sono sia la richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della I 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giu ridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”.
Non rientra più, pertanto, tra i motivi di ricorribilità per cassazione quell -come avvenuto nel caso che ci occupa- attinente la mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Le proposte alle doglianze in punto di dosimetria della pena, peraltro assolutamente generiche, sono perciò manifestamente inammissibili in quanto, come visto, l’ambito di ricorribilità rispetto a sentenze come quella che ci occupa è ristretto ai soli casi di illegalità della pena.
Va ricordato che, sin dagli albori dell’istituto di cui agli artt. 444 e ss. c proc. pen. , questa Corte di legittimità ha chiarito che, una volta che l’accordo sia stato ratificato dal giudice, non è più consentito alle parti (anche a quella pubblica) prospettare questioni e sollevare censure con riferimento (come nella specie) all’applicazione delle circostanze, che non siano illegali: anche entro tale a invero, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermaz dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo inte fra le parti (Sez. 5, Sentenza n. 5210 del 28/10/1999 dep. 12000, Verdi, 215467). E, ancora di recente, pur prima della novella di cui alla I. 103/2017
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R.G.
stato ribadito che non potesse proporsi ricorso per cassazione per violazione di legge avverso una sentenza di patteggiamento, sotto il profilo dell’erronea con-
cessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, laddove non sussi- stessero palesi illegalità della pena concordata e in quanto vi sia stata ratifica
dell’accordo sanzionatorio tra le parti, anche in ragione della natura semplificata propria della sua motivazione (Sez. 6, Sentenza n. 42837 del 14/5/2013, COGNOME
Rv. 257146).
Va chiarito, infine, che, per qualificare illegale la pena non basta eccepire che il giudice non abbia correttamente esplicato i criteri valutativi che lo hanno indotto
ad applicare la pena richiesta, ma occorre che il risultato finale del calcolo non risulti conforme a legge (Sez. 6, n. 18385 del 19/02/2004, Obiapuna, Rv. 228047).
4. A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del
13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del proce- dimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura in-
dicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
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Così deciso in Roma il 10/06/2025
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