Ricorso Patteggiamento: I Paletti della Corte di Cassazione
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento processuale che permette di definire il procedimento penale in modo rapido. Tuttavia, la possibilità di contestare la sentenza che ne deriva è soggetta a regole molto rigide. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti invalicabili del ricorso patteggiamento, confermando che l’impugnazione è possibile solo per motivi specifici e tassativamente indicati dalla legge.
I Fatti del Caso: Un Appello Oltre i Limiti Consentiti
Nel caso in esame, un imputato aveva presentato ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale. Le doglianze del ricorrente si concentravano su un presunto “vizio di motivazione” sia riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale sia in relazione alla determinazione della pena. In sostanza, l’imputato contestava le ragioni logico-giuridiche alla base della decisione del giudice, pur avendo egli stesso concordato la pena.
La Disciplina del Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha immediatamente evidenziato come la normativa che regola il ricorso patteggiamento sia estremamente specifica. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Questi includono:
1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato dato liberamente.
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha applicato una pena diversa da quella concordata.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge.
Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in questo elenco è, per definizione, inammissibile.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente inammissibile. Le critiche mosse dal ricorrente, relative al vizio di motivazione, non rientrano in nessuna delle ipotesi consentite dalla legge. La Cassazione ha ribadito che il legislatore ha volutamente limitato la possibilità di impugnare il patteggiamento per garantire la stabilità di un accordo processuale raggiunto tra le parti. Permettere un sindacato generalizzato sulla motivazione equivarrebbe a snaturare l’istituto stesso, che si fonda proprio sulla rinuncia delle parti a un accertamento dibattimentale completo in cambio di una pena ridotta. Poiché il motivo addotto dal ricorrente era estraneo al perimetro legale, il ricorso non poteva essere esaminato nel merito.
Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze dirette per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, e in assenza di prove che l’errore fosse incolpevole, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stato condannato al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa decisione serve come monito: il ricorso patteggiamento è un rimedio eccezionale e non può essere utilizzato per rimettere in discussione l’accordo raggiunto, a meno che non sussista una delle specifiche violazioni di legge previste dal codice.
È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per un numero limitato e specifico di motivi, espressamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
I motivi validi sono esclusivamente: problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la decisione del giudice, erronea qualificazione giuridica del reato, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se il ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, la cui entità è stabilita dal giudice in base a criteri di equità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11530 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11530 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il 03/11/1975
avverso la sentenza del 18/10/2024 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME che deduce il vizio di motivazione in relazi all’affermazione della penale responsabilità e alla determinazione del trattamento sanzionatorio avverso sentenza di applicazione della pena emessa su accordo delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è inammissibile proposto al di fuori dei casi espressamente previsti dall’a 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., che consente il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. soltanto per motivi attinenti all’espressione della volon dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualific giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza: ipotesi, quest certamente esulano dalla vicenda in esame;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della €assa delle ammende. Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2025.