Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e i Limiti Imposti dalla Legge
Il ricorso patteggiamento rappresenta un tema cruciale nel diritto processuale penale, poiché definisce i confini entro cui un imputato può contestare una sentenza frutto di un accordo sulla pena. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui motivi di impugnazione, confermando l’orientamento restrittivo introdotto dalla riforma del 2017. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come patteggiamento), emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare. L’imputato lamentava diversi vizi, tra cui:
1. Un difetto di motivazione riguardo alla verifica dell’assenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.).
2. La non congruità della pena concordata e applicata dal giudice.
3. Un errore nella qualificazione giuridica del fatto contestato.
In sostanza, il ricorrente cercava di rimettere in discussione aspetti di merito già definiti nell’accordo con la pubblica accusa e ratificati dal giudice.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la propria decisione sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta Riforma Orlando), ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento.
Oggi, l’impugnazione è consentita solo per ipotesi tassative, che attengono a violazioni di legge e non a valutazioni di merito. Tra queste non rientrano le doglianze sollevate dal ricorrente. La legge mira a garantire la stabilità delle sentenze di patteggiamento, evitando che l’accordo processuale venga utilizzato come un modo per ottenere uno sconto di pena per poi tentare di rimettere tutto in discussione in Cassazione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha specificato che i motivi di ricorso avanzati dall’imputato non rientrano in alcuna delle categorie ammesse dalla legge. In particolare, i Giudici hanno chiarito che:
* Vizi di motivazione e congruità della pena: Non possono essere oggetto di ricorso, in quanto la valutazione sulla correttezza della pena è insita nell’accordo stesso tra le parti.
* Errata qualificazione giuridica: Non è un motivo valido se si tratta di una mera contestazione nominale e non di un’effettiva erroneità che incide sulla legalità della pena.
* Volontà dell’imputato: Il ricorso non lamentava vizi relativi all’espressione del consenso al patteggiamento.
* Pena illegale: La pena applicata non era definibile come ‘illegale’ secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 33040/2015, Jazouli), che richiedono una violazione di norme sostanziali sulla tipologia o misura della sanzione.
La Corte ha quindi proceduto con una dichiarazione di inammissibilità de plano, ovvero senza udienza, applicando le conseguenze previste dall’articolo 616 del codice di procedura penale: la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il patteggiamento è una scelta che comporta una rinuncia a contestare nel merito la propria responsabilità in cambio di un beneficio sanzionatorio. Il ricorso patteggiamento non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. La decisione ribadisce la volontà del legislatore di limitare l’accesso alla Cassazione per le sentenze di patteggiamento, circoscrivendolo a casi di gravi violazioni di legge che minano la validità stessa dell’accordo o della sentenza. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che la decisione di patteggiare deve essere ponderata con estrema attenzione, nella consapevolezza che le possibilità di impugnazione sono, e rimangono, estremamente ridotte.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è possibile solo per i motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che riguardano specifiche violazioni di legge.
La non congruità della pena è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la non congruità della pena irrogata non rientra tra i motivi ammessi per impugnare una sentenza di patteggiamento, così come i vizi di motivazione o la non corretta qualificazione del fatto.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4070 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4070 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 01/01/1990
avverso la sentenza del 30/05/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di VERONA
4late-aukcisia-a~afti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deducano, come nel caso di specie, un vizio di motivazione della sentenza in relazione alla verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod proc pen, la non congruita della pena irrogata e un nominale difetto di corretta qualigicazione del fatto, atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giug 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in e tassativamente indicate, tra le quali non possono annoverarsi quelle ora in disamina che non attengono a una prospettata «difformità» tra contenuti della richiesta e quelli della decision non riguardano vizi afferenti all’ espressione della volontà dell’imputato o effettive erroneit non solo nominalmente evocate inerenti ala qualificazione del fatto né, infine, ineriscono all irrogazione di una pena che possa definirsi illegale nei termini tracciati dalle indicazion principio espresse dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 33040 del 2015 (Jazouli);
rilevato che all’inammissibilità del ricorso, dichiarata de plano ai sensi dell’art. 610, com 5bis cod.proc.pen. fanno seguito le pronunce di cui all’art. 616 dello stesso codice;
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 28 ottobre 2024.