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Ricorso patteggiamento: i limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38701/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento per guida in stato di ebbrezza. Il caso evidenzia i rigidi limiti all’impugnazione introdotti dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. L’analisi sottolinea che il ricorso patteggiamento è possibile solo per motivi tassativamente elencati, escludendo censure sulla motivazione della pena o sulla mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso? L’Analisi della Cassazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini stringenti per l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di patteggiamento. La decisione offre uno spunto fondamentale per comprendere le modifiche introdotte dalla Riforma Orlando (legge n. 103/2017) e le conseguenze pratiche per chi intende presentare un ricorso patteggiamento. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i motivi validi per contestare un accordo sulla pena.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento del Tribunale di Brescia. L’accordo tra accusa e difesa riguardava il reato di guida in stato di ebbrezza, disciplinato dall’articolo 186, comma 2, lettera c) e 2-bis del Codice della Strada.

La difesa, tramite il ricorso per cassazione, lamentava principalmente due vizi della sentenza:
1. Carenza di motivazione: si sosteneva che il giudice non avesse adeguatamente considerato la possibilità di un proscioglimento immediato dell’imputato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.
2. Mancata giustificazione sulla pena: si contestava l’assenza di una motivazione specifica sulla congruità della pena concordata tra le parti.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di valutare nel merito aspetti che, come vedremo, la legge esclude dalla possibilità di impugnazione dopo un patteggiamento.

I limiti al ricorso patteggiamento secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta nel 2017, ha limitato drasticamente le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento.

La Corte ha chiarito che il ricorso è proponibile esclusivamente per i seguenti motivi:

* Vizi legati all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso non è stato libero e consapevole).
* Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa dal giudice.
* Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
* Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

I motivi sollevati dalla difesa, relativi alla mancata motivazione sul proscioglimento o sulla determinazione della pena, non rientrano in questo elenco tassativo. Di conseguenza, non possono essere oggetto di un valido ricorso patteggiamento.

La Procedura Semplificata ‘de plano’

Un altro aspetto rilevante sottolineato dalla Corte è la procedura utilizzata per la decisione. L’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale prevede che, per i ricorsi avverso sentenze di patteggiamento, la dichiarazione di inammissibilità possa avvenire “de plano”, ovvero senza formalità e udienza pubblica. Questa scelta legislativa mira a velocizzare la definizione dei procedimenti palesemente infondati, rafforzando l’efficienza del sistema giudiziario.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e si fondano su una stretta interpretazione della legge. La Riforma Orlando ha voluto dare maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento, considerandole come un accordo tra le parti che il giudice si limita a ratificare, previa verifica della sua correttezza legale. Pertanto, contestazioni sulla valutazione del merito, come la congruità della pena o l’opportunità di un proscioglimento, sono precluse. La Cassazione ha ritenuto le censure della difesa palesemente contraddette dal contenuto della sentenza impugnata, dove il giudice aveva implicitamente escluso ragioni per un proscioglimento immediato e aveva ritenuto congrua la pena concordata.

le conclusioni

La decisione in esame conferma un orientamento consolidato: il patteggiamento è una scelta processuale che comporta una rinuncia a far valere determinate contestazioni. Chi accetta di patteggiare deve essere consapevole che le possibilità di impugnare la sentenza sono estremamente limitate ai soli vizi di legalità espressamente previsti dalla legge. L’ordinanza serve da monito: un ricorso patteggiamento basato su motivi non consentiti dalla norma è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per contestare la congruità della pena?
No, secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., la motivazione sulla congruità della pena non è un motivo valido per il ricorso, poiché questo è limitato a vizi specifici come l’illegalità della pena, l’errata qualificazione giuridica o difetti nella volontà dell’imputato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile ‘de plano’?
La Corte ha applicato l’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., che prevede una procedura semplificata e senza udienza per dichiarare l’inammissibilità di un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento, quando i motivi non rientrano tra quelli consentiti dalla legge.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Come stabilito nell’ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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