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Ricorso patteggiamento: i limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, poiché i motivi addotti, relativi alla congruità della pena, non rientrano tra quelli tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Suprema Corte ribadisce che il ricorso patteggiamento è consentito solo per vizi specifici, come l’illegalità della pena, e non per rimettere in discussione l’accordo tra le parti.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Davvero Possibile Impugnare la Sentenza?

L’istituto del patteggiamento rappresenta una delle vie più comuni per la definizione rapida dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, quali sono le reali possibilità di contestarlo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti stringenti del ricorso patteggiamento, chiarendo quando e perché l’impugnazione rischia di essere dichiarata inammissibile. La pronuncia sottolinea come, a seguito della riforma del 2017, le censure relative alla congruità della pena concordata non costituiscano un valido motivo di ricorso.

I Fatti del Caso

Due imputati, a seguito di un giudizio definito con il rito del patteggiamento, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal GIP del Tribunale. Nei loro ricorsi, entrambi lamentavano un’erronea applicazione della legge penale e una carenza di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio. In particolare, contestavano la determinazione della pena e l’aumento applicato a titolo di continuazione tra i reati.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso Patteggiamento

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, adottando la decisione “de plano”, ovvero senza la necessità di un’udienza formale. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017.

La Corte ha evidenziato che i motivi di ricorso presentati dai due imputati non rientravano in alcuna delle categorie per le quali la legge consente di impugnare una sentenza di patteggiamento. La censura, infatti, era palesemente contraddetta dal contenuto stesso della pronuncia, la quale aveva ritenuto congruo il trattamento sanzionatorio richiesto e concordato dalle parti.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si articolano su due punti fondamentali:

1. I Limiti Tassativi all’Impugnazione: L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. stabilisce che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi specifici. Questi includono: l’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, se il consenso non è stato prestato liberamente), il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

2. La Distinzione tra Pena “Illegale” e Pena “Non Congrua”: Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra una pena “illegale” e una pena ritenuta semplicemente “non congrua”. Una pena è illegale quando non è prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato o quando supera i limiti massimi o minimi stabiliti dalla legge. Le lamentele degli imputati, invece, riguardavano la valutazione di merito sulla quantità della pena, ovvero la sua congruità. Tale valutazione, una volta che è frutto di un accordo tra le parti e ratificata dal giudice, non può essere rimessa in discussione in sede di legittimità. La valutazione del giudice del patteggiamento sulla congruità della pena è, per sua natura, insindacabile in Cassazione.

La Corte ha inoltre specificato che, proprio per questi casi, l’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. prevede un modello procedimentale semplificato per la dichiarazione di inammissibilità, che avviene senza formalità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Le implicazioni pratiche sono significative:

* Il patteggiamento è un accordo quasi tombale: La scelta di accedere a questo rito speciale deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le possibilità di rimettere in discussione l’accordo sono estremamente ridotte.
* Non si può contestare il merito dell’accordo: Il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per rinegoziare la pena. Le censure devono riguardare vizi giuridici gravi e tassativamente indicati dalla legge.
* Le conseguenze dell’inammissibilità: La proposizione di un ricorso per motivi non consentiti comporta non solo la conferma della sentenza, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, quattromila euro ciascuno) a favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è ammesso solo per un numero limitato di motivi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., come problemi relativi al consenso dell’imputato, un’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.

Contestare la quantità della pena concordata è un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che le critiche sulla congruità o sull’entità della pena, una volta concordata tra le parti e approvata dal giudice, non costituiscono un motivo valido per l’impugnazione. Si può contestare solo se la pena è “illegale”, cioè non conforme alla legge.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non ammessi dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile “de plano”, cioè senza udienza. Il ricorrente è inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione economica a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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