Ricorso Patteggiamento: Quando l’Impugnazione è Inammissibile
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta strategica fondamentale nel processo penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a ribadire i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere sollevati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità. Questa pronuncia offre spunti essenziali per comprendere la natura dell’accordo tra imputato e pubblico ministero e le sue conseguenze processuali.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Ravenna, con la quale un imputato otteneva l’applicazione di una pena di dieci mesi di reclusione per reati legati alla normativa sull’immigrazione (d.lgs. 286/1998). Nonostante l’accordo raggiunto con la Procura, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione. La doglianza principale si fondava su un unico motivo: il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, anziché ratificare il patteggiamento, contestando di fatto la sussistenza degli elementi costitutivi del reato.
La Questione Giuridica: I Limiti del Ricorso Patteggiamento
Il cuore della questione risiede nella disciplina specifica che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso. Essi sono limitati a:
1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di accedere al rito.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
L’imputato, nel caso di specie, ha tentato di far valere un vizio che attiene al merito della vicenda, ovvero la valutazione sulla colpevolezza e sulla sussistenza dei presupposti del reato. Tale motivo, tuttavia, esula completamente dal perimetro tracciato dalla norma, che mira a garantire la stabilità delle sentenze frutto di un accordo processuale.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con la sua ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile in modo netto e inequivocabile. Gli Ermellini hanno sottolineato come la legge escluda testualmente la possibilità di sollevare, in sede di legittimità, vizi relativi alla sussistenza degli elementi costitutivi dei reati oggetto dell’accordo. Il controllo del giudice, in questi casi, è circoscritto alla correttezza formale e sostanziale dell’accordo stesso e alla legalità della pena.
In altre parole, la scelta di patteggiare implica una rinuncia a contestare nel merito l’accusa. Il controllo giurisdizionale si concentra sulla regolarità della manifestazione di volontà, sulla corretta applicazione delle norme giuridiche al fatto così come descritto nell’imputazione, e sul rispetto dei principi di legalità della pena. Qualsiasi tentativo di riaprire una discussione sulla prova della colpevolezza o sulla ricostruzione dei fatti è precluso e, come nel caso esaminato, destinato all’inammissibilità.
Le Conclusioni
La decisione riafferma un principio cardine della procedura penale: il patteggiamento è un accordo che, una vez ratified dal giudice, assume una stabilità quasi definitiva, impugnabile solo per vizi specifici e non per un ripensamento nel merito. L’imputato che sceglie questa via deve essere consapevole che sta rinunciando a un pieno accertamento dei fatti in cambio di uno sconto di pena. Di conseguenza, il ricorso successivo può basarsi solo su errori procedurali o giuridici ben definiti, e non su una riconsiderazione della propria responsabilità. La condanna al pagamento delle spese e di una sanzione alla Cassa delle ammende funge da deterrente contro impugnazioni dilatorie o palesemente infondate, rafforzando l’efficienza del sistema giudiziario.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento chiedendo l’assoluzione nel merito?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è inammissibile se si basa su motivi che attengono alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato. La valutazione nel merito è preclusa dalla scelta stessa del rito speciale.
Quali sono i motivi validi per presentare un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., il ricorso è consentito solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa accade se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30401 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30401 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME COGNOMECOGNOME 04LUCET) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 del TRIBUNALE di RAVENNA
i dato avviso alle parti . 3 , GLYPH , udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che, con sentenza del 5 dicembre 2023, il Tribunale di Ravenna ha applicato, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., a NOME la pena di dieci mesi di reclusione in relazione ai reati di cui agli artt. 13, commi 13 e 13ter, e 13, comma 3-bis, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286;
che l’imputato ha proposto, tramite il difensore, AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta che il giudice di merito non abbia pronunciato sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.;
che il ricorso verte su motivo non consentito, giacché, a norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e del misura di sicurezza»;
che è dunque testualmente esclusa la possibilità di far valere vizi che attengano alla sussistenza degli elementi costitutivi dei reati oggetto di addebito, potendo il controllo giudiziale esercitarsi esclusivamente sulla manifestazione dell’intento dell’imputato di accedere al rito, sul contenuto dell’accordo tra le parti come recepito in sentenza, sulla correttezza delle norme cui sono riferite le fattispecie concrete e sul rispetto del canone della legalità della pena e delle misure di sicurezza eventualmente applicate;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2024.