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Ricorso patteggiamento: i limiti all’impugnazione

Analisi di un’ordinanza della Cassazione sul ricorso patteggiamento. L’appello basato solo sulla presunta non congruità della pena è stato dichiarato inammissibile, poiché non rientra nei motivi tassativi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando l’Appello è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini stringenti entro cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. La decisione chiarisce che non è sufficiente lamentare una valutazione non adeguata sulla congruità della pena per poter impugnare la sentenza. Analizziamo insieme questa importante pronuncia per capire meglio le regole che governano questo istituto processuale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato dalla difesa di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Torino. L’imputato, dopo aver concordato la pena, ha deciso di impugnarla dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, la difesa sosteneva che il giudice di merito avesse omesso una valutazione adeguata sulla congruità della pena, basandosi sui parametri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, che riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

I Limiti del Ricorso Patteggiamento secondo la Legge

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda i motivi per cui è possibile contestare una sentenza di patteggiamento. La normativa di riferimento è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta per limitare le impugnazioni e dare maggiore stabilità agli accordi sulla pena, elenca tassativamente i motivi di ricorso. Essi sono:

1. Mancata espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

La Corte ha sottolineato come le censure mosse dal ricorrente, relative alla valutazione sulla congruità della pena, non rientrino in nessuna di queste categorie. Si tratta, infatti, di una critica all’esercizio del potere discrezionale del giudice, non di una violazione di legge nei termini ristretti previsti dalla norma.

La Dichiarazione di Inammissibilità

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha applicato l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che consente di dichiarare l’inammissibilità senza formalità di rito, con un’ordinanza emessa in camera di consiglio non partecipata. Questa procedura snella è prevista proprio per i casi in cui l’inammissibilità è palese.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura rigorosa della legge. La nuova previsione dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. rappresenta una deroga alla disciplina generale delle impugnazioni (art. 606 c.p.p.) e mira a circoscrivere il controllo di legalità sulle sentenze di patteggiamento a violazioni specifiche e oggettive. Consentire un ricorso basato sulla valutazione della congruità della pena significherebbe riaprire un giudizio di merito su un aspetto che è stato oggetto dell’accordo tra le parti e della ratifica del giudice. La scelta del legislatore è chiara: il patteggiamento è un accordo che, una volta raggiunto e formalizzato correttamente, deve avere un elevato grado di stabilità. Il controllo della Cassazione si limita a verificare che non vi siano state palesi violazioni di legge, come l’applicazione di una pena non prevista dall’ordinamento o un errore nella definizione giuridica del reato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: chi sceglie la via del patteggiamento accetta implicitamente la valutazione sulla pena, rinunciando a contestarla nel merito in un secondo momento. Le possibilità di impugnazione sono eccezionali e limitate a vizi gravi e specifici. La decisione ha anche conseguenze pratiche per il ricorrente: l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3000,00 euro alla cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge. Un monito importante sull’uso ponderato degli strumenti di impugnazione.

È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è possibile solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge all’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, come problemi nel consenso dell’imputato, un’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.

Posso impugnare un patteggiamento se ritengo che la pena concordata sia troppo alta o ingiusta?
No, la valutazione sulla congruità (cioè l’adeguatezza e la giustizia) della pena non è un motivo valido per impugnare una sentenza di patteggiamento. Questo tipo di censura riguarda la discrezionalità del giudice e non rientra tra le violazioni di legge contestabili.

Cosa succede se il mio ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con motivi non consentiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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