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Ricorso patteggiamento: i limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12315/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento. L’impugnazione era basata su una presunta erronea valutazione della prova, un motivo non consentito dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., che elenca tassativamente i casi di ricorso.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e Perché

Il ricorso patteggiamento rappresenta un’area specifica del diritto processuale penale, con limiti ben definiti per la sua impugnazione. Con la recente ordinanza n. 12315 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito la rigorosa interpretazione delle norme che regolano l’appello contro una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere perché non ogni doglianza può essere portata all’attenzione della Suprema Corte dopo un patteggiamento.

I Fatti del Processo

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena con il Pubblico Ministero e aver ottenuto la ratifica dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale, decideva di impugnare la sentenza. Il motivo del ricorso si basava sulla presunta erronea applicazione della legge penale, lamentando una mancanza di motivazione in relazione alla prova della sua responsabilità. In sostanza, l’imputato contestava la valutazione dei fatti che avevano portato alla sua condanna, pur avendo acconsentito alla stessa tramite il patteggiamento.

Limiti del Ricorso Patteggiamento secondo la Legge

La normativa di riferimento, e in particolare l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, è molto chiara nello stabilire i confini dell’impugnazione. A differenza del giudizio ordinario, dove i motivi di ricorso sono più ampi (art. 606 c.p.p.), la sentenza di patteggiamento può essere contestata in Cassazione solo per motivi specifici e tassativamente elencati. Questi sono:

* Vizi nella formazione della volontà: problemi legati all’espressione del consenso dell’imputato all’accordo.
* Difetto di correlazione: discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie errata.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata non è prevista dalla legge o è stata calcolata in modo errato.

Qualsiasi motivo che non rientri in questo elenco ristretto è considerato inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha analizzato il ricorso proposto e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici hanno rilevato che la lamentela del ricorrente, relativa alla valutazione della prova e alla motivazione sulla responsabilità, non rientrava in nessuna delle categorie consentite dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

La scelta di accedere al patteggiamento comporta, per sua natura, una rinuncia a contestare l’accertamento della responsabilità nel merito. L’imputato accetta la pena in cambio di benefici, e il controllo del giudice si concentra sulla correttezza dell’accordo, sulla qualificazione giuridica e sulla congruità della pena, non su una nuova e completa valutazione delle prove come avverrebbe in un dibattimento.

Proporre un ricorso basato su una presunta carenza di motivazione sulla responsabilità è, quindi, un tentativo di aggirare i limiti imposti dalla legge. Per tale ragione, la Corte, citando precedenti giurisprudenziali consolidati, ha rigettato il ricorso. Conformemente all’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare ricorsi palesemente infondati.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio cardine del sistema processuale penale italiano: il patteggiamento è un istituto premiale basato su un accordo che limita le successive possibilità di impugnazione. La scelta di patteggiare deve essere ponderata, poiché preclude la possibilità di contestare nel merito la ricostruzione dei fatti. Il ricorso in Cassazione è un rimedio straordinario, riservato a specifici vizi di legittimità e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare la colpevolezza dell’imputato che ha già accettato la propria responsabilità in cambio di una pena più mite.

È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per un numero limitato e specifico di motivi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi specifici per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Se il ricorso è basato su motivi non previsti dalla legge, come la contestazione della valutazione delle prove, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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