Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 339 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 339 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a LANCIANO il 09/01/1988 inoltre: NOME COGNOME parte civile avverso la sentenza del 19/09/2024 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE del TRIBUNALE di VASTO
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza del 19 settembre 2024 il Tribunale di Vasto, in composizione monocratica, accogliendo la richiesta ex art. 444 cod. proc. pen. tempestivamente formulata dalle parti, ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la pena di anni tre di reclusione.
Avverso la sentenza del Tribunale ricorre NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen., nonché per la erronea
qualificazione giuridica del fatto.
3. Le censure dedotte risultano comunque assolutamente generiche e solo formali ed esorbitano dalle categorie di vizi consentite dall’art. 448, comma 2 -bis , cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, che ha stabilito che il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Inoltre, va considerato che questa Corte, già prima della novella legislativa, aveva affermato che, in caso di patteggiamento, l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fat to, con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere la ricorrenza di una delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e ne i limiti di cui all’art. 27 Cost. (Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, Rv. 234824).
Nel caso in esame, vi è un chiaro richiamo all’insussistenza dei presupposti per la pronuncia ex art. 129 cod. proc. pen. né sono indicati dal ricorrente gli argomenti che avr ebbero dovuto imporre al giudice l’assoluzione o il proscioglimento dell’imputato (Sez. 6, n. 250 del 30/12/2014 – dep. 2015, Rv. 261802), non si verte in tema di pena illegale, in quanto la sanzione è concordata nel rispetto dei limiti edittali e, pur se astrattamente ricompreso nell’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., il motivo attinente alla qualificazione giuridica del fatto risulta formulato senza alcuna ulteriore specificazione né alcuna prospettazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno, così da connotarsi come generico; a tal ultimo proposito va evidenziato come l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, come è nel caso in esame, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, Gamal, Rv. 283023 -01; mass. Conf. N. 33145 del 2020 Rv. 279842 – 01, N. 15553 del 2018 Rv. 272619 – 01, N. 3108 del 2018 Rv. 272252 – 01, N. 25617 del 2020 Rv. 279573 – 01, N. 14377 del 2021 Rv. 281116 -01). Nel caso in esame vi è assoluta rispondenza della decisione alla imputazione, ampliamente
esplicativa della corretta qualificazione giuridica.
Alla luce delle suesposte ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile senza formalità di procedura, a norma dell’art. 610, comma 5 -bis , cod. proc. pen.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2024