Ricorso Patteggiamento Appello: Quando è Ammissibile e Quali Sono i Limiti?
Il ricorso patteggiamento appello rappresenta un tema cruciale nella procedura penale, poiché definisce i confini entro cui un accordo sulla pena può essere riesaminato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i principi che regolano questa materia, chiarendo perché un ricorso basato sulla richiesta di assoluzione nel merito sia destinato all’inammissibilità. Analizziamo questa decisione per comprendere la natura dell’accordo in appello e le sue conseguenze processuali.
I Fatti del Caso: dall’Accordo alla Contestazione
Il caso trae origine da un accordo raggiunto in Corte di Appello ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Le parti, accusa e difesa, avevano concordato una pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione, oltre a una multa di 2.400,00 euro. La Corte di Appello, recependo la richiesta concorde, aveva emesso la sentenza corrispondente.
Tuttavia, l’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza. Il motivo di impugnazione non riguardava un vizio dell’accordo, ma si basava sull’erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p., sostenendo che il giudice avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di proscioglimento invece di ratificare il patteggiamento. In sostanza, si contestava il merito della decisione, chiedendo una valutazione di innocenza.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento Appello secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la sentenza emessa a seguito di un ‘patteggiamento in appello’ è un provvedimento che cristallizza un negozio processuale. Le parti, esercitando il loro potere dispositivo, raggiungono un’intesa che, una volta consacrata dal giudice, non può essere messa in discussione unilateralmente.
La Corte ha specificato che il ricorso patteggiamento appello è ammissibile solo ed esclusivamente per motivi tassativi, che attengono alla regolarità e alla validità dell’accordo stesso. Questi includono:
1. Vizi nella formazione della volontà: Se la parte ha aderito all’accordo per errore, violenza o dolo.
2. Vizi nel consenso del pubblico ministero: Se il consenso dell’accusa è viziato o mancante.
3. Difformità della pronuncia: Se la sentenza del giudice è diversa da quanto concordato tra le parti.
4. Illegalità della pena: Se la pena concordata è illegale (ad esempio, perché inferiore ai minimi edittali senza le dovute giustificazioni).
Poiché i motivi presentati dal ricorrente non rientravano in nessuna di queste categorie, ma miravano a una riconsiderazione del merito, il ricorso è stato giudicato al di fuori dei limiti consentiti dalla legge.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema si concentrano sulla natura giuridica dell’accordo ex art. 599-bis c.p.p. Questo istituto processuale non è una semplice richiesta al giudice, ma un vero e proprio ‘negozio processuale’. Le parti scelgono liberamente di definire il processo con una pena concordata, rinunciando implicitamente a contestare la colpevolezza. Una volta che il giudice ha verificato la correttezza dell’accordo e lo ha trasfuso in una sentenza, tale accordo diventa vincolante e non può essere ritrattato dall’imputato che, in un secondo momento, ritenga più conveniente puntare all’assoluzione. Consentire un’impugnazione nel merito svuoterebbe di significato l’istituto stesso del concordato in appello, che si fonda proprio sulla rinuncia a ulteriori contestazioni fattuali.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
In conclusione, la decisione ribadisce che la scelta del patteggiamento in appello è una scelta strategica e definitiva. Chi accede a questo rito speciale deve essere consapevole che sta rinunciando a far valere eventuali motivi di proscioglimento nel merito, in cambio di una pena certa e concordata. L’impugnazione in Cassazione resta un’opzione, ma solo per denunciare specifici vizi procedurali che hanno inficiato la validità dell’accordo. La conseguenza dell’inammissibilità è severa: il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, a causa della colpa nel proporre un ricorso palesemente infondato.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento in appello per chiedere l’assoluzione?
No, la sentenza stabilisce che il ricorso è inammissibile se proposto per motivi che attengono al merito, come la richiesta di proscioglimento, e non ai vizi specifici dell’accordo consentiti dalla legge.
Quali sono gli unici motivi validi per impugnare una sentenza di ‘patteggiamento in appello’?
I motivi ammessi riguardano vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, vizi nel consenso del pubblico ministero, una pronuncia del giudice difforme da quanto concordato, o l’illegalità della pena applicata.
Cosa accade se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello viene dichiarato inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, se si ravvisa una colpa, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17801 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 19/03/2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 17801 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 5551/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a Napoli il 09/04/2003 avverso la sentenza del 03/10/2024 della Corte di Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata in data 3 ottobre 2024 con la quale la Corte di Appello di Napoli ha applicato, su concorde richiesta delle parti, la pena di anni 5, mesi 4 di reclusione ed euro 2.400,00 di multa in relazione ai reati di cui al capo di imputazione.
Il ricorrente lamenta, con l’unico motivo di impugnazione, erronea applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine alla mancata pronuncia di sentenza di proscioglimento.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge. Questa Corte ha avuto più volte modo di rilevare che il ricorso avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo se vengano dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto a quanto concordato, motivi non dedotti nel caso di specie. Nel cd. patteggiamento della pena in appello le parti esercitano il potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata – da chi lo ha promosso o vi ha aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione (Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Rv. 226715; Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, Rv. 279504 – 01).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 19/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME