Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9946 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9946 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Ludus 1’8/7/1991
avverso la sentenza del 19/2/2025 della Corte di appello di Trieste
Visti gli atti, la pronuncia impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che, preliminarmente, ha chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale in relazione alla previsione del termine di cinque giorni per proporre ricorso per cassazione in tema di m.a.e., per contrasto con l’art. 24
Cost., e, nel merito, ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Trieste ha disposto la consegna di NOME COGNOME in esecuzione del mandato di arresto europeo, emesso dall’autorità giudiziaria della Romania il 4 dicembre 2024 per il reato di coltivazione, detenzione e vendita di sostanza stupefacente.
Avverso l’anzidetta sentenza il difensore di fiducia di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione degli artt. 2 e 18 della L. n. 69/2005, degli artt. 2 e 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e degli artt. 4 e 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Non sussisterebbero le condizioni per la consegna, in considerazione delle criticità presenti nelle carceri della Romania, testimoniate dalle condanne in sede europea, dai rapporti del Consiglio d’Europa, dalla nota informativa del Segretariato del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa del 13 maggio 2024 e dai rapporti stilati dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti. Le informazioni pervenute sarebbero estremamente generiche, dal momento che non fornirebbero un’indicazione trattarnentale individualizzante, e la Corte di appello avrebbe completamente disatteso le gravi criticità evidenziate dalla difesa. Inoltre, le informazi ricevute proverebbero dall’amministrazione penitenziaria della Romania e non dall’autorità giudiziaria rumena, in violazione dei principi sanciti nella sentenza n 33044 del 22 agosto 2024 di questa Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
L’art. 18 del d.lgs. n. 10 del 2 febbraio 2021 dispone che contro la sentenza di cui all’articolo 17, la persona interessata, il suo difensore e procuratore generale presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza, solo per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 del codice di procedura penale.
Nel caso in esame, la sentenza della Corte di appello di Trieste è stata notificata al ricorrente il 22 febbraio 2025 e il ricorso è stato proposto il
febbraio successivo, ossia oltre il termine dei prescritti cinque giorni, ed è quindi, tardivo.
Fermo restando il superiore rilievo, può aggiungersi che con il ricorso sono state sollevate censure non deducibili.
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, all’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, non è ammissibile il ricorso pe cassazione per vizi di motivazione avverso i provvedimenti che decidono sulla consegna dell’interessato, essendo stato espunto dalla norma il riferimento alla proponibilità del ricorso «anche nel merito» e, al contempo, essendosi circoscritto il potere di sindacato della corte di cassazione ai soli motivi previs dall’art. 606, lett. a), b) e c).
Riguardo ai procedimenti in tema di mandato di arresto europeo, quindi, questa Corte non è più giudice del merito e il ricorso non può essere proposto per vizi attinenti alla contraddittorietà o illogicità della motivazione (Sez. n. 8299 dell’8/03/2022, PG c/Gheorghe, Rv. 282911 – 01).
Nel caso in esame, entrambi i motivi di ricorso, pur rubricati come erronea applicazione di legge, si risolvono essenzialmente nella deduzione di presunti vizi motivazionali della sentenza impugnata. Il ricorrente, infatti, ha censurato aspetti attinenti essenzialmente al merito della valutazione in ordine all’individuazione del carcere e alle condizioni detentive a cui sarà sottoposto, asseritamente effettuate sulla base di documentazione carente.
Quel che è sufficiente rilevare è che la Corte di appello ha effettuato l’indagine mirata già da tempo delineata da questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 23277 dell’1/06/2016, COGNOME, Rv. 267296 – 01), acquisendo dallo Stato emittente le informazioni complementari necessarie per verificare le condizioni “individualizzate” circa il trattamento penale cui concretamente il consegnando sarà sottoposto (non rilevando invero il mero pericolo “astratto” di violazione dell’art. 3 CEDU) e sulla base di esse, tra cui quelle relative alla destinazione del ricorrente nel penitenziario di Bucarest-Rahova e allo spazio disponibile nella cella, ha motivatamente escluso il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti.
Non spetta a questa Corte verificare la tenuta logica di tale valutazione, né tantomeno riesaminare la documentazione in atti per stabilire se il controllo effettuato in sede di merito possa condurre a differenti esiti (in tal senso espressamente, Sez. 6, n. 20030 del 19/5/2022, non mass.; Sez. 6, n. 8299 dell’8/03/2022, cit.).
3.1. Non coglie nel segno neanche il rilievo sulla provenienza delle informazioni dall’autorità penitenziaria, atteso che esse sono state inviate
all’autorità giudiziaria rumena, che le ha fatte proprie nel momento in cui le ha trasmesse al Ministero della Giustizia italiana.
Va rilevato che non si ravvisa l’interesse della parte ricorrente a sollecitare questa Corte affinché sollevi questione di legittimità costituzionale in ordine al termine per proporre ricorso per cassazione in tema di m.a.e. Ciò in ragione della ritenuta inammissibilità del ricorso sulla base dei rilievi di cui al §
In definitiva, il ricorso è inammissibile e ciò, ai sensi dell’art. 616 co proc. pen., comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, L. n. 69/2005.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso 1’11 marzo 2025