Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18598 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18598 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME (CODICE_FISCALE), nato in Moldavia il DATA_NASCITA avverso la sentenza emessa in data 28.03.2024 dalla Corte di appello di Milano visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha disposto la
consegna all’autorità giudiziaria austrica di NOME COGNOME in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso dal Pubblico Ministero di Klagenfurt in data 13 febbraio 2024, per processare la persona richiesta in consegna per plurimi delitti di furto, subordinando la consegna alla condizione che la stessa dopo essere stata sottoposto a processo, sia inviata in Italia per scontarvi la pena eventualmente irrogata nei suoi confronti dall’autorità giudiziaria austriaca.
AVV_NOTAIO, difensore di NOME, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il difensore deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 18-bis, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69 da interpretarsi alla luce della decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio del 23 ottobre 2009, sull’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare.
Il difensore premette che la Corte di appello di Milano ha riconosciuto il radicamento pluriennale della persona richiesta in consegna in Italia e ha disposto che l’esecuzione della pena eventualmente inflitta dall’autorità giudiziaria austrica debba essere eseguita in Italia per accrescere le opportunità di reinserimento sociale del medesimo.
Il difensore, tuttavia, rileva che la Corte di appello non ha consentito che la misura cautelare, in attesa della celebrazione del processo austriaco, si potesse protrarre in territorio italiano, secondo quanto previsto dalla decisione quadro 2009/829/GAI, attuata dal legislatore italiano con il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, rilevando che il disposto dell’art. 18-bis, comma 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69 è applicabile soltanto ai mandati di arresto esecutivi e non anche a quelli processuali.
Questa interpretazione sarebbe, tuttavia, illegittima, in quanto «lo sradicamento dal proprio tessuto sociale di riferimento» può conseguire sia per effetto dell’esecuzione di una pena, che ad un periodo di custodia cautelare all’estero.
La decisione quadro 2009/829/GAI e il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36 consentono, infatti, alla persona sottoposta ad un processo penale in uno Stato dell’Unione europea di essere sottoposte a misura cautelare, diverse da quella carceraria, nello Stato membro in cui sono radicati.
Il difensore deduce, quindi, che al ricorrente deve essere riconosciuto il diritto alla detenzione cautelare nello Stato italiano, ove ha un apprezzabile radicamento, e sollecita, qualora sussistessero dubbi sulla fondatezza di tale motivo, la proposizione di una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, affinché il disposto dell’art. 18-bis, comma 2, della legge 22
aprile 2005, n. 69 sia ritenuto applicabile non soltanto ai mandati di arresto esecutivi, ma anche a quelli processuali.
2.2. Con il secondo motivo il difensore censura ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., l’assenza di motivazione in ordine alla proporzionalità della misura della custodia cautelare in carcere richiesta attraverso il mandato di arresto processuale emesso dall’autorità giudiziaria austriaca.
Ad avviso del difensore, la Corte di appello non avrebbe indicato per quali ragioni le esigenze cautelari potrebbero essere soddisfatte solo a mezzo della custodia cautelare in territorio austriaco e non già a mezzo degli arresti domiciliari in territorio italiano, secondo quanto previsto dalla decisione quadro 2009/829/GAI.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto tardivamente.
La Corte di appello di Milano, con sentenza letta alle parti all’esito dell’udienza del 28 marzo 2024, ha, infatti, disposto la consegna di NOME all’autorità giudiziaria austriaca.
AVV_NOTAIO, difensore di NOME, ha, tuttavia, presentato ricorso avverso tale sentenza in data 5 aprile 2024, oltre il termine previsto dalla legge a pena di decadenza.
L’art. 22, primo comma, della legge 22 aprile 2005, n. 69, infatti, espressamente sancisce che «contro la sentenza di cui all’articolo 17, la persona interessata, il suo difensore e il procuratore AVV_NOTAIO presso la corte di appello possono proporre ricorso per cassazione, entro cinque giorni dalla conoscenza legale della sentenza».
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di mille euro in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa de ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5 della legge n. 69 del 2005.
Così deciso in Roma, il 09 maggio 2024.