Ricorso Inammissibile in Cassazione: il limite invalicabile della valutazione delle prove
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio in Corte di Cassazione, sottolineando la distinzione fondamentale tra la valutazione dei fatti e il controllo sulla corretta applicazione della legge. Il caso riguarda un ricorso inammissibile presentato da un imputato che lamentava di essere stato vittima di un furto di identità digitale, ma le cui argomentazioni sono state respinte perché chiedevano alla Suprema Corte un riesame del merito della vicenda, attività che non le compete.
I Fatti del Caso: una difesa basata sul furto di credenziali
L’imputato aveva presentato ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello, sostenendo di essere stato vittima del reato di sostituzione di persona. A suo dire, ignoti gli avrebbero sottratto le credenziali di accesso al suo cassetto fiscale, gestendo al suo posto la sua posizione tributaria. A sostegno di questa tesi, la difesa aveva depositato delle denunce.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già valutato tali elementi, ritenendoli non decisivi. Secondo i giudici di merito, anche l’ipotetico furto di credenziali parziali non avrebbe comunque consentito a terzi di sostituirsi completamente al contribuente nella gestione complessiva della sua posizione fiscale.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri procedurali fondamentali. In primo luogo, il ricorso non era focalizzato su una vera e propria violazione di legge, ma mirava a ottenere una nuova valutazione delle prove (le denunce) e una differente ricostruzione dei fatti. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, che opera come giudice di legittimità e non di merito.
In secondo luogo, il ricorrente non ha sviluppato un’analisi critica adeguata delle motivazioni della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le proprie tesi difensive già esaminate e respinte nel precedente grado di giudizio.
Le Motivazioni sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha chiarito che la valutazione della Corte territoriale, secondo cui le denunce non erano decisive, rappresenta un giudizio di fatto. Poiché tale giudizio non è stato ritenuto ‘manifestamente illogico’, esso non può essere messo in discussione in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che il ragionamento seguito da quest’ultimo sia coerente e conforme alla legge.
Di conseguenza, stante l’inammissibilità del ricorso e l’assenza di una ‘assenza di colpa’ da parte del ricorrente nel proporlo, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: chi si rivolge alla Corte di Cassazione deve formulare censure che attengono a violazioni di legge o a vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza precedente. Non è possibile utilizzare il ricorso in Cassazione come un ‘terzo grado’ di giudizio per tentare di ottenere una diversa e più favorevole interpretazione delle prove. La decisione sottolinea l’importanza di strutturare un ricorso in modo tecnicamente corretto, pena la sua inammissibilità e le conseguenti sanzioni economiche.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del caso, come l’importanza delle denunce per furto di credenziali, un’attività che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di legittimità.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione in base a questa ordinanza?
Il ruolo della Corte di Cassazione è quello di ‘giudice di legittimità’, ovvero verificare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici dei gradi precedenti. Non può entrare nel merito della vicenda e sostituire la propria valutazione delle prove a quella già effettuata.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A causa della dichiarata inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25627 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVELLINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
A
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME, che deduce la violazione di legge relazione all’art. 192 cod. proc. pen., è inammissibile perché non è consentito dalla legg sede di legittimità in quanto attiene alla valutazione delle prove e a profili ricostruttiv e perché non è scandito dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base del sentenza impugnata, avendo la Corte territoriale, con una valutazione di fatto in maniera n manifestamente illogica – e quindi non censurabile in sede di legittimità -, ribadito la non dirimente delle denunce depositata dalla difesa in relazione al presunto reato sostituzione di persona, di cui l’imputato sarebbe stato vittima, rilevando come l’event furto delle sole credenziali parziali da utilizzarsi per l’accesso al cassetto fiscale da contribuente non comporta comunque la possibilità di sostituirsi al COGNOME nella gesti della propria posizione tributaria;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.