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Ricorso inammissibile: termini perentori e sanzioni

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile perché depositato due giorni oltre la scadenza. L’ordinanza sottolinea come il mancato rispetto dei termini perentori impedisca l’esame nel merito dell’impugnazione, comportando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando un Ritardo Costa Caro

Nel processo penale, il rispetto delle scadenze non è una mera formalità, ma un pilastro fondamentale che garantisce certezza e ordine. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda le severe conseguenze di un deposito tardivo, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente a sanzioni pecuniarie. Questo caso evidenzia l’importanza cruciale dei termini perentori e come la loro violazione possa precludere ogni possibilità di difesa nel merito.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza del Giudice di Pace di Padova, emessa il 17 aprile 2024, che condannava un imputato a una multa di 10.000 euro per il reato previsto dalla normativa sull’immigrazione (art. 14, co. 5 quater, D.Lgs. 286/98).

L’imputato, presente all’udienza di primo grado, decideva di impugnare la decisione tramite il proprio difensore, lamentando la violazione di norme procedurali e un errore nella valutazione dei fatti. Tuttavia, la cronologia processuale si è rivelata fatale:

* Data della sentenza: 17 aprile 2024
* Scadenza per il deposito della sentenza: 2 maggio 2024
* Scadenza per proporre impugnazione: 1 giugno 2024 (giorno feriale)
* Data di deposito del ricorso: 3 giugno 2024

Il ricorso è stato quindi depositato due giorni dopo il termine ultimo previsto dalla legge, un ritardo che ha spostato l’attenzione della Corte di Cassazione dalla sostanza delle doglianze alla mera verifica procedurale.

La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte, senza entrare nel merito dei motivi di appello, ha emesso una pronuncia di ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una constatazione puramente oggettiva: il mancato rispetto dei termini per proporre impugnazione, stabiliti dall’art. 585 del codice di procedura penale.

La Corte ha semplicemente verificato che il ricorso era stato depositato tardivamente, rendendo l’impugnazione irricevibile. Questa declaratoria impedisce al giudice di esaminare le ragioni dell’appellante, indipendentemente dalla loro potenziale fondatezza. La tardività, in questo contesto, agisce come una barriera insormontabile.

Le Motivazioni: La Perentorietà dei Termini Processuali

La motivazione dell’ordinanza è lapidaria e si basa sul principio della perentorietà dei termini processuali. Ai sensi dell’art. 591, co. 1, lett. c) c.p.p., l’impugnazione è inammissibile quando non sono osservate le disposizioni relative ai termini per la sua proposizione.

Il termine per impugnare, essendo l’imputato presente in aula al momento della lettura del dispositivo, decorreva secondo le regole ordinarie e scadeva il 1° giugno 2024. Il deposito effettuato il 3 giugno è stato, quindi, irrimediabilmente tardivo. Il rispetto di queste scadenze è un requisito di ammissibilità che precede qualsiasi valutazione sul contenuto del ricorso. Se questo requisito non è soddisfatto, il giudice non ha il potere di esaminare i motivi di doglianza.

La decisione della Cassazione ribadisce che i termini processuali sono posti a garanzia della certezza del diritto e della ragionevole durata del processo. Permettere deroghe senza una giustificazione legale minerebbe le fondamenta stesse del sistema giudiziario.

Le Conclusioni: Le Conseguenze Economiche dell’Inammissibilità

La declaratoria di ricorso inammissibile non è priva di conseguenze pratiche. Anzi, esse sono particolarmente onerose. In applicazione dell’art. 616 c.p.p., la Corte ha condannato il ricorrente a due pagamenti:

1. Il pagamento delle spese processuali.
2. Il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

La Corte ha giustificato l’entità della sanzione richiamando la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Costituzionale, la quale stabilisce che tale condanna è legittima a meno che non si dimostri che la parte ha proposto il ricorso “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”. In questo caso, non essendo emersi elementi per escludere la colpa del ricorrente nella tardiva proposizione dell’impugnazione, la sanzione è stata applicata. L’ordinanza serve quindi da monito sull’importanza della diligenza e della precisione nel compimento degli atti processuali.

Cosa succede se un ricorso viene depositato in ritardo?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non può esaminare nel merito i motivi presentati, indipendentemente dalla loro fondatezza, perché non è stato rispettato un requisito procedurale essenziale.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso è condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

Perché il giudice ha dichiarato il ricorso inammissibile senza valutare i motivi di impugnazione?
Perché il rispetto dei termini per impugnare è una condizione di ammissibilità che deve essere verificata prima di ogni altra valutazione. Se il termine non è rispettato, come in questo caso, la legge impone al giudice di dichiarare l’inammissibilità dell’atto senza poter procedere all’esame del suo contenuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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