Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello non Supera il Vaglio della Cassazione
L’istituto del ricorso inammissibile rappresenta un filtro fondamentale nel nostro sistema giudiziario, volto a impedire che la Corte di Cassazione sia gravata da impugnazioni prive dei presupposti di legge. Un’ordinanza recente ha offerto un chiaro esempio di questa funzione, ribadendo un principio cruciale riguardo l’incompatibilità tra il rito del patteggiamento e la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I Fatti del Caso
Una persona condannata con una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) decideva di presentare ricorso per Cassazione. Le sue doglianze si concentravano principalmente su due aspetti: in primo luogo, contestava la legittimità della confisca disposta ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale; in secondo luogo, lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, un istituto che avrebbe potuto escludere la sua responsabilità penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa pronuncia non si è limitata a una mera reiezione formale, ma ha fornito precise indicazioni giuridiche. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni: Analisi del Ricorso Inammissibile
Le ragioni dietro la decisione della Corte sono state esplicitate con chiarezza. I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso ‘manifestamente infondati’. Per quanto riguarda la confisca, la Corte ha osservato che il giudice di merito aveva già fornito una giustificazione ‘congrua e corretta’ nel provvedimento impugnato, rendendo la doglianza sul punto superflua e pretestuosa.
Il nucleo centrale della pronuncia, tuttavia, riguarda il secondo motivo di ricorso. La Corte ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza (richiamando la sentenza n. 9204/2018): la valutazione sulla ‘particolare tenuità del fatto’ esige un apprezzamento di merito approfondito, finalizzato a riscontrare specifici presupposti applicativi. Questo tipo di indagine, che scende nel dettaglio della condotta e del danno, è strutturalmente incompatibile con la natura del patteggiamento. Quest’ultimo, infatti, è un rito premiale basato sull’accordo tra accusa e difesa, che per sua natura prescinde da un accertamento pieno e completo dei fatti, tipico del dibattimento.
In sostanza, scegliendo il patteggiamento, l’imputato rinuncia a un’analisi approfondita del merito e, di conseguenza, non può poi dolersi in Cassazione per il mancato riconoscimento di un istituto che proprio quell’analisi richiederebbe.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame consolida un importante principio di procedura penale. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, il messaggio è chiaro: la scelta di un rito processuale come il patteggiamento comporta delle conseguenze precise e delle rinunce implicite. Non è possibile beneficiare della celerità e della riduzione di pena tipiche di questo rito e, contemporaneamente, pretendere valutazioni di merito che esso esclude. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile in questi casi serve a preservare la coerenza del sistema e a sanzionare le impugnazioni che tentano di forzare i limiti procedurali stabiliti dalla legge.
È possibile contestare la mancata applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’ in una sentenza di patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della particolare tenuità del fatto richiede un apprezzamento di merito che è incompatibile con la natura del rito del patteggiamento, il quale si basa su un accordo tra le parti.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Perché i motivi del ricorso sono stati ritenuti ‘manifestamente infondati’?
Perché le doglianze sollevate erano già state adeguatamente valutate e respinte con corretti argomenti giuridici dal giudice precedente, e perché la richiesta principale sulla tenuità del fatto si basava su un principio legalmente incompatibile con il rito processuale scelto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3255 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3255 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARAil 19/02/1978
avverso la sentenza del 11/06/2024 del GIP TRIBUNALE di PESCARA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 199 COGNOME
NRG 27749/24
OSSERVA
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da doglianze manifestamente infondate e su profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si veda, in particolare, pag. 2, ove congrua e corretta giustificazione si rinviene in ordine alla disposta confisca ex art. 240-bis cod. pen.; quanto al motivo che denuncia in relazione alla sentenza di patteggiamento il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, cfr., tra tante, Sez. 4, n. 9204 del 01/02/2018, Rv. 272265, che ha affermato come tale pronuncia, che esige un apprezzamento di merito, finalizzato al riscontro dei presupposti applicativi, sia incompatibile con la natura del rito);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favor della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/11/2024.