Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione non Supera l’Esame di Specificità
Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede rigore e precisione. Non è sufficiente contestare genericamente una sentenza; è necessario individuare vizi di legge specifici e ben argomentati. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come la mancanza di concretezza e specificità porti a un esito inevitabile: un ricorso inammissibile. Analizziamo una decisione che ha respinto gli appelli di due ricorrenti, condannandoli al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Il Caso in Analisi: Due Ricorsi, un Unico Destino
Due persone, condannate nei gradi di merito, hanno presentato ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Palermo. Entrambi i ricorsi, seppur basati su argomentazioni differenti, sono stati giudicati inammissibili dalla Suprema Corte per ragioni che toccano i principi cardine del giudizio di legittimità.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
I ricorrenti hanno tentato di smontare la sentenza di condanna attraverso due diverse strategie difensive, entrambe però risultate inefficaci di fronte ai rigorosi criteri della Cassazione.
La Posizione del Primo Ricorrente: Una Critica Generica
Il primo imputato ha contestato la correttezza della motivazione che lo riteneva responsabile. Tuttavia, secondo la Corte, il suo ricorso era privo di “concreta specificità”. In pratica, invece di evidenziare errori di diritto, la difesa ha cercato di proporre una “rivalutazione delle fonti probatorie” e una “alternativa ricostruzione dei fatti”. Questo approccio è estraneo al giudizio di Cassazione, che non può riesaminare il merito delle prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni erano una mera riproduzione di quelle già respinte in appello e che le prove dimostravano chiaramente il suo coinvolgimento attivo, non limitato alla sola proprietà formale di un veicolo.
Il Secondo Ricorrente e il Principio del Ricorso Inammissibile
Il secondo imputato ha basato il suo ricorso sulla presunta inutilizzabilità di alcune sue dichiarazioni spontanee, invocando una violazione di norme processuali (art. 350, comma 7, c.p.p.). Anche in questo caso, il ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha rilevato che la difesa non aveva considerato un punto cruciale: la sentenza di condanna non si basava solo su quelle dichiarazioni, ma su un “ben più ampio quadro probatorio”. Il ricorso era generico perché non dimostrava, attraverso la cosiddetta “prova di resistenza”, come l’eventuale eliminazione di quelle dichiarazioni avrebbe potuto cambiare l’esito del processo. Mancava, quindi, la puntuale indicazione dell’incidenza decisiva dell’elemento probatorio contestato.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi basandosi sul principio di specificità, sancito dall’art. 581 del codice di procedura penale. Un ricorso, per essere ammissibile, deve indicare con precisione le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono ogni richiesta. Non può limitarsi a una critica generica della sentenza impugnata né trasformarsi in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito.
Nel caso del primo ricorrente, il vizio consisteva nel voler sostituire la valutazione del giudice con quella della difesa, operazione non permessa in sede di legittimità. Per il secondo, il difetto risiedeva nella mancata dimostrazione della decisività della presunta violazione processuale. La condanna poggiava su solide basi alternative, rendendo la doglianza irrilevante ai fini della decisione finale.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chi opera nel diritto penale: il ricorso per Cassazione è uno strumento tecnico che richiede un’estrema precisione. Non è una terza occasione per discutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione delle norme. La declaratoria di ricorso inammissibile non è solo una questione formale, ma la conseguenza diretta di un’impugnazione che non rispetta i confini del giudizio di legittimità. La condanna al pagamento delle spese e di una somma in favore della Cassa delle ammende serve da monito: i ricorsi devono essere fondati su vizi specifici, concreti e potenzialmente decisivi, altrimenti sono destinati al fallimento.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è privo dei requisiti di specificità richiesti dalla legge, ad esempio se le critiche alla sentenza sono generiche, se si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, o se tenta di ottenere una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
Cosa si intende per ‘prova di resistenza’ nel contesto di un ricorso?
La ‘prova di resistenza’ è un criterio utilizzato dalla Corte per valutare se l’eventuale eliminazione di una prova, di cui si lamenta l’inutilizzabilità, avrebbe effettivamente cambiato l’esito della sentenza. Se la condanna si basa su un quadro probatorio ampio e solido che la sosterrebbe comunque, il motivo di ricorso viene respinto perché non ‘resiste’ a questa verifica.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti fatta dai giudici di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione dei fatti o delle prove. Il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, ovvero di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio, senza riesaminare il merito della vicenda.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 59 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 59 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
considerato che il ricorso di NOME COGNOME, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, è privo di concreta specificità e tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, invero, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con argomentazioni corrette dal punto di vista logico e giuridico, le cloglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede, evidenziando (si veda, in particolare, pag. 2) che il ricorrente non era soltanto il formale proprietario del mezzo utilizzato per il “camuffamento” ma anche colui che lo aveva utilizzato dopo la vendita;
ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME, con il quale si deduce la violazione di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in relazione all’art. 350, comma settimo, cod. proc. pen., è privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. in quanto la difesa, nel dedurre la inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese dal ricorrente nella immediatezza dei fatti, non ha considerato che la decisione riposa su un ben più ampio quadro probatorio delineato dai giudici di merito (si vedano, in particolare, pag. 4 della sentenza di appello e pag. 17 del primo grado); che vengono in tal modo proposte deduzioni generiche, prive della puntuale indicazione dell’incidenza dell’eventuale eliminazione, ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, degli elementi a carico di cui si lamenta l’inutilizzabilità;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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Così deciso, il 21 novembre 2023.