Ricorso Inammissibile in Cassazione: Perché Ripetere gli Stessi Motivi è un Errore Fatale
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima fase del processo penale, un momento cruciale in cui si può contestare una sentenza per vizi di legittimità. Tuttavia, non basta avere delle ragioni, bisogna saperle esporre nel modo corretto. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda una regola fondamentale: un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta della mera riproposizione dei motivi già presentati in appello. Analizziamo questa decisione per capire perché la specificità della critica è un requisito non negoziabile.
Il Contesto Processuale
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’appellante contestava la sussistenza del reato e la propria responsabilità, basando il suo ricorso per cassazione su un unico motivo che, di fatto, ricalcava le stesse questioni di merito già sollevate e decise nel secondo grado di giudizio. La difesa, invece di concentrarsi sui presunti errori di diritto commessi dalla Corte d’Appello nella sua motivazione, ha scelto di riproporre le medesime argomentazioni, sperando in un esito diverso davanti alla Suprema Corte.
La Decisione della Corte: la Regola del Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato e ribadito in numerose sentenze: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. La sua funzione è quella di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Quando i motivi di ricorso si limitano a ripetere ciò che è già stato detto in appello, senza una critica puntuale e argomentata contro le specifiche ragioni fornite dalla Corte d’Appello, essi vengono considerati ‘apparenti’ e non ‘specifici’. Di conseguenza, il ricorso non assolve alla sua funzione tipica, risultando privo dei requisiti essenziali richiesti dalla legge.
Le Motivazioni
I giudici della Suprema Corte hanno spiegato chiaramente le ragioni dietro la loro decisione. Il ricorso è stato giudicato ‘meramente reiterativo’ delle questioni di merito già affrontate e adeguatamente risolte dalla Corte d’Appello. Secondo la costante giurisprudenza citata nell’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, che sono stati motivatamente esaminati e disattesi dal giudice del grado precedente.
In questi casi, i motivi sono considerati ‘non specifici’ ma soltanto ‘apparenti’, perché non svolgono la funzione di critica puntuale contro la sentenza oggetto di ricorso. In altre parole, di fronte a una sentenza d’appello che ha fornito una risposta motivata ai motivi di gravame, la semplice riproduzione di tali motivi in sede di legittimità non può essere considerata una critica argomentata. L’atto, pertanto, viola l’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, che impone l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta. Le doglianze del ricorrente, in questo caso, non miravano a evidenziare violazioni di legge o vizi logici della sentenza, ma a sollecitare un inammissibile riesame nel merito delle scelte valutative compiute dalla Corte d’Appello.
Le Conclusioni
La pronuncia conferma un principio procedurale di fondamentale importanza: il ricorso per cassazione deve essere un atto ‘chirurgico’, mirato a smontare la struttura logico-giuridica della sentenza impugnata, non un semplice ‘copia e incolla’ dei motivi d’appello. Per gli avvocati, ciò significa che la redazione del ricorso richiede uno studio approfondito della motivazione della sentenza di secondo grado per individuarne le specifiche falle, siano esse violazioni di norme o palesi illogicità. Per i cittadini, questa decisione ribadisce che la Corte di Cassazione non è un’ulteriore istanza per discutere i fatti, ma il custode della corretta applicazione del diritto. Un ricorso inammissibile non solo chiude definitivamente la vicenda processuale, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, aggravando la posizione del ricorrente.
Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono una mera ripetizione di quelli già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza contenere una critica specifica e argomentata contro le ragioni esposte nella sentenza impugnata.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘meramente reiterativo’?
Significa che il motivo ripropone esattamente le stesse questioni di merito già valutate dal giudice del grado precedente, senza affrontare e criticare in modo puntuale la motivazione con cui quel giudice le ha respinte. È, in sostanza, un ‘copia e incolla’ dei motivi d’appello.
Quali sono le conseguenze concrete di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo che il ricorso non venga esaminato nel merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34857 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34857 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a OLBIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, considerato che l’unico motivo di ricorso -con cui si contestai la sussistenza della fattispecie di reato e la responsabilità del ricorrente – è meramente reiterativo delle medesime questioni di merito, adeguatamente affrontata dalla Corte di appello alle pagine 1 e 2. A tale proposito questa Corte ha costantemente chiarito che “È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, motivatamente esaminati e disattesi dalla corte di merito, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso”, (Sez. 5, Sentenza n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708; più di recente, non massimate: Sez. 2, Sentenza n. 25517 del 06/03/2019, COGNOME; Sez. 6, Sentenza n. 19930 del 22/02/2019, COGNOME). In altri termini, è del tutto evidente che a fronte di una sentenza di appell che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p comma 1, lett. c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta;
considerato che, inoltre, a fronte di una motivazione adeguata, le doglianze articolate nel ricorso non sono volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata, ma mirano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte di appello e reiterano in gran parte le censure già sollevate dinanzi a quel Giudice, che le ha ritenute infondate sulla base di una lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto dei principi di diritto vigenti in materia;
rilevato che il ricorso deve essere dischiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024
Il Consigliere estensore